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Appalti- Verifica sui contratti di lavoro utilizzati


Ordine Informa

Secondo quanto previsto dal DL n. 19/2024 (nella versione modificata dalla legge di conversione 56/2024), il trattamento dei dipendenti delle imprese appaltatrici (o subappaltatrici) non può più essere scelto in maniera discrezionale dai rispettivi datori di lavoro. La legge non impone di cambiare il contratto collettivo applicato ma, piuttosto, esige che il datore di lavoro, per il periodo dell’appalto, vada a integrare sia la retribuzione, sia gli istituti normativi (congedi, ferie, permessi, eccetera) applicati al dipendente, ogni volta che questi trattamenti si collocano sotto una certa soglia che va ricercata nei contratti più rappresentativi, individuabili seguendo tre criteri. Il primo punto da verificare è quello dei soggetti stipulanti: gli accordi (nazionali e territoriali) da prendere come riferimento devono essere sottoscritti dalle associazioni sindacali e datoriali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. Sono messi fuori gioco, quindi, gli accordi pirata e quelli a bassa rappresentatività. Il secondo criterio riguarda le attività che sono oggetto dell’appalto: il contratto deve avere un ambito di applicazione strettamente connesso con queste attività. Pertanto se l’azienda committente applica il contratto collettivo del settore farmaceutico e affida in appalto il servizio di pulizia, l’appaltatore dovrà applicare i trattamenti previsti per questo ultimo settore. Il terzo criterio riguarda il territorio: la normativa, in aggiunta al riferimento all’attività svolta, rinvia all’accordo collettivo applicato nella zona. Ciò in concreto significa che l’appaltatore provvederà, prima di tutto, a verificare qual è il contratto collettivo più affine al settore di attività. Dopo aver fatto questa verifica, controllerà se nel territorio in cui opera esistono accordi di secondo livello, all’interno dello stesso comparto di contrattazione collettiva. Il rispetto di queste prescrizioni sarà fondamentale, per evitare che i lavoratori possano invocare le differenze retributive spettanti per violazione del principio di parità di trattamento. Senza dimenticare che, in caso di accertata violazione di questo precetto, il personale dell’Ispettorato nazionale del lavoro potrebbe adottare, nei confronti del datore di lavoro e del committente obbligato in solido, il provvedimento di diffida accertativa per crediti patrimoniali previsto dal D.Lgs n. 124/2024.

(Autore: AMS)

(Fonte: Il Sole 24Ore)


Ordine dei Consulenti del Lavoro Consiglio Provinciale di Palermo
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