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Il Consulente del Lavoro è solo quello iscritto all’Albo. Inammissibile qualsiasi equipollenza


Ordine Informa

La Corte di cassazione (Sez. VI Penale, 21 giugno 2017, n. 30827), ancora una volta chiamata a definire i confini della legittimità dell’esercizio delle professioni ordinistiche, ha confermato l’indefettibilità del requisito dell’iscrizione all’Ordine professionale per l’esercizio della professione di Consulente del Lavoro, escludendo la possibilità di qualsiasi altra soluzione alternativa.
Nell’occasione, confermando peraltro le sentenze di entrambi i gradi di merito, la Corte ha ribadito la natura abusiva dell’esercizio della professione di Consulente del Lavoro da parte di un soggetto che riteneva invece quale titolo legittimante la sua iscrizione all’Istituto nazionale dei revisori legali.
La Cassazione con la sentenza n. 30827/2017 evidenzia il portato tassativo dell’art. 348 del codice penale, che come noto “punisce chiunque abusivamente esercita una professione, per la quale è richiesta una speciale abilitazione dello Stato”. La Corte chiarisce che è pur vero che si tratta di una norma penale “in bianco”, perché presuppone l’esistenza di altre disposizioni che integrano il precetto penale presupposto, ma è proprio l’integrazione del precetto operata dall’intervento normativo di corollario che “definisce l’area oltre la quale non è consentito l’esercizio di determinate professioni”. Nello specifico (esercizio dell’attività di Consulente del Lavoro sulla base della mera iscrizione all’Istituto nazionale dei revisori legali) tale integrazione è data dalla legge n. 12/1979, che all’art. 1, nel definire l’esercizio della professione di Consulente del Lavoro, riconosce il diritto a provvedere a tutti gli adempimenti in materia di lavoro, previdenza ed assistenza sociale dei lavoratori dipendenti, quando non sono curati dal datore di lavoro, direttamente od a mezzo di propri dipendenti, solo a coloro che siano iscritti nell’albo dei Consulenti del Lavoro.
Si conferma pertanto il rigore più volte testimoniato dalla giurisprudenza di merito e di legittimità, per il quale non sono ammissibili alternative per il legittimo esercizio della professione all’iscrizione all’Ordine (dei Consulenti del Lavoro nello specifico, ma il principio è da ritenersi immanente ad ogni ambito ordinistico). Perché, come in più occasioni ricordato, “integra il reato di esercizio abusivo della professione l’attività di colui che curi la gestione dei servizi e degli adempimenti in materia di lavoro, previdenza ed assistenza sociale in mancanza del titolo di Consulente del Lavoro e dell’iscrizione al relativo albo professionale” (Cass.pen.Sez. VI, 28 febbraio 2013, n. 9725).
Tale principio è rigoroso, esclusivo e non contempla soluzioni equipollenti come quelle, accampate nel caso di specie, della qualifica di revisore contabile ed iscrizione al relativo elenco, che da sola non legittima l’esercizio professionale dell’attività di Consulente del Lavoro. Ma non solo: l’univocità del principio, la sua fondamentalità quale conseguenza del ruolo e delle funzioni di natura anche pubblicistica, riconosciute alle professioni ordinamentali, non consente neppure di ritenere tale iscrizione – impropriamente ritenuta come alternativa – una circostanza attenuante rispetto alla qualificazione del reato di esercizio abusivo della professione. Questo perché, come spiegano i giudici con la sentenza in premessa riprendendo le motivazioni della Corte d’Appello, “la pretesa buona fede dell’imputato deve escludersi con sicurezza, alla luce della qualifica professionale specializzata del medesimo, il cui grado di diligenza richiesto nella conoscenza della normativa in oggetto era maggiore, con conseguente esclusione della pretesa inevitabilità dell’errore (…) errore di diritto, in quanto tale inescusabile, alla luce delle specifiche competenze professionali del prevenuto, il quale ben avrebbe potuto accertare, presso gli organi competenti, i requisiti indispensabili per il legittimo svolgimento dell’attività professionale abusivamente esercitata”.
Il che val quanto dire, ancora una volta: è Consulente del Lavoro solo chi è iscritto all’Ordine professionale. Non ci sono alternative ed il principio deve ritenersi talmente netto e radicato, e le norme univoche e chiare, da non ammetterne interpretazioni alternative o fuorvianti, neppure utili, come nel caso di specie, ai fini della mitigazione della misura della pena.
(Autore: Pasquale Staropoli)


Ordine dei Consulenti del Lavoro Consiglio Provinciale di Palermo
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