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Posizione previdenziale del convivente in seno all’azienda


Ordine Informa

L’Ispettorato nazionale del lavoro, con la nota n. 879/2023, rispondendo a un quesito dell’ispettorato territoriale di Cosenza sulla possibilità di inquadrare la posizione lavoristico-aziendale  del convivente come collaboratore e/o coadiuvante familiare , precisa che il convivente non avendo lo status di parente o affine entro il terzo grado, rispetto al titolare dell’impresa, non è tenuto all’obbligo contributivo all’INPS. Anche se tale  precisazione potrebbe avere le ore contate: si attende, infatti, la pronuncia della corte di cassazione sull’equiparazione del convivente more uxorio a parenti o affini.

L’INL, ricorda la posizione dell’INPS (circolare n. 66/2017) che, in merito alla disciplina dell’impresa familiare, ha stabilito che è solo nel caso delle unioni civili che vige  la completa equiparazione dei partner al coniuge, con tutti i conseguenti diritti e obblighi di natura fiscale e anche previdenziale. Tali obblighi e tali diritti, invece, sono esclusi nel caso di convivenze, perché mancano i requisiti soggettivi (che sono il legame di parentela o affinità) nonostante la legge 76/2016 abbia aggiunto l’art. 230-ter al codice civile, che attribuisce al convivente «che presti stabilmente la propria opera all’interno dell’impresa dell’altro convivente» il diritto di «partecipazione agli utili dell’impresa familiare e ai beni acquistati con essi, nonché agli incrementi dell’azienda, anche in ordine all’avviamento, commisurata al lavoro prestato», a meno che non sussista già tra le parti un rapporto di subordinazione o di società. L’INL propende per la conferma delle istruzioni dell’Inps, in quanto ritenute coerenti con i dati normativi qualificatori delle posizioni soggettive coinvolte: familiare; parte dell’unione civile; convivente di fatto. Tuttavia, aggiunge l’INL, per completezza d’indagine va rilevato come le possibili aperture circa l’assimilabilità  della posizione del convivente a quella del familiare, sia desumibile da un orientamento espresso di recente dalle sezioni unite penali della cassazione (sentenza 10381/2021). Tanto che la stessa corte, con ordinanza 2121 del 24 gennaio 2023, ha ritenuto necessaria la rimessione della questione alle sezioni unite civili: “se l’art. 203-bis, come 3, del codice civile possa essere evolutivamente interpretato (…), nel senso di prevedere l’applicabilità della relativa disciplina anche al convivente more uxorio, laddove la convivenza di fatto sia caratterizzata da un grado accertato di stabilità …”. In attesa di conoscere la decisione, l’INL conferma le istruzioni dell’INPS vigenti.

(Autore: AMS)

(Fonte: ItaliaOggi)


Ordine dei Consulenti del Lavoro Consiglio Provinciale di Palermo
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