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Contratti a chiamata: novità su preavviso e sulla indicazione della retribuzione


Ordine Informa

Modifiche sul lavoro intermittente o a chiamata sono state introdotte dal  decreto Trasparenza. Difatti, anche nei confronti del lavoratore intermittente il datore deve fornire tutte le informazioni indicate dall’articolo 1 del Dlgs 152/1997, come riformato dal Dlgs 104/2022.

La prima novità è l’obbligo di indicare «la natura variabile della programmazione» e «l’ammontare delle eventuali ore garantite al lavoratore e della retribuzione dovuta per il lavoro prestato in aggiunta alle ore garantite nonché la relativa indennità di disponibilità, ove prevista». Il primo elemento è obbligatorio ,  l’altro può essere definito “accessorio” dal momento che vanno riportati nel contratto a chiamata solo se di interesse per le parti e che possono quindi essere omessi se non incidenti sul singolo rapporto di lavoro. Ad esempio, se le parti non concordano un minimo di ore garantite, questo dato non sarà obbligatorio. Di conseguenza, decade anche l’onere di indicarne il trattamento economico e quello delle ore prestate in aggiunta a quelle garantite. Anche l’inserimento nel contratto della indennità di disponibilità, potrebbe non essere necessario laddove le parti abbiano deciso di non introdurre questa clausola: su questo punto, è bene però ricordare come soltanto in presenza di indennità di disponibilità il rifiuto ingiustificato di rispondere alla chiamata può costituire motivo di licenziamento e comportare la restituzione della quota del trattamento riferito al periodo successivo al rifiuto. Quest’ultima disposizione era già contenuta nel Dlgs 81/2015 (comma 1, dell’articolo 16).

È stata inoltre riformata la modalità con la quale effettuare la chiamata per richiedere la prestazione lavorativa: mentre nel testo previgente non era ammesso un preavviso di chiamata inferiore a un giorno, ora – sebbene questo elemento vada sempre indicato – è possibile disciplinare termini di preavviso ridotti, senza un limite minimo previsto, purché nel contratto sia disciplinata la forma e la modalità con cui il datore di lavoro può esercitarlo.

L’ultimo elemento di novità è quello introdotto con la lettera g), comma 1, dell’articolo 15 del Dlgs 81/2015, che prevede l’indicazione delle «eventuali fasce orarie» e dei «giorni predeterminati in cui il lavoratore è tenuto a svolgere le prestazioni lavorative».

Non siamo di fronte a un obbligo tout court, potendo queste informazioni anche non essere riportate, ma la linea che il datore decide di adottare va coniugata con le altre disposizioni contenute nel Dlgs «Trasparenza» e, in particolare, con gli obblighi previsti alle lettere o) e p), comma 1, del nuovo articolo 1 del Dlgs 152/97, così come con quelle contenute nell’articolo 9, del Dlgs 104/2022, che si occupa di prevedibilità minima del lavoro. Se al lavoratore intermittente non saranno fornite all’interno del contratto le informazioni sulla programmazione dell’orario di lavoro, queste dovranno comunque essere comunicate nell’informativa generale. Se, infatti, si ricadesse nell’ipotesi di un orario interamente o in gran parte non soggetto a prevedibilità, la mancanza delle condizioni minime richieste dall’articolo 9 (ore e giorni di riferimento predeterminati, ragionevole periodo di preavviso) consentirebbe al lavoratore di rifiutare legittimamente di rendere la prestazione lavorativa richiesta, senza alcuna conseguenza anche sotto il profilo disciplinare.

(Autore: AMS)

(Fonte: Il Sole 24Ore)


Ordine dei Consulenti del Lavoro Consiglio Provinciale di Palermo
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