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Collaborazioni, le sanzioni applicabili dopo il Jobs Act


Ordine Informa

L’utilizzo irregolare del contratto di collaborazione coordinata e continuativa comporta delle pesanti conseguenze sanzionatorie, da diversi punti di vista. Queste conseguenze sono rimaste immutate prima e dopo il Jobs Act, che pur rivisitando in profondità la materia, e pur prevedendo un meccanismo di “emersione” incentivata dei rapporti irregolari (che riconosce rilevanti incentivi a chi lo utilizza, sotto forma di estinzione dei rischi di dover subire accertamenti amministrativi) non ha modificato il regime ordinario delle sanzioni applicabili alla fattispecie. Quello che cambia è il presupposto per l’applicazione delle sanzioni. Con il lavoro a progetto il contratto diventava illecito in caso di mancanza di autonomia del collaboratore oppure in caso di inesistenza del progetto; sulla base della nuova disciplina, il rapporto può essere riqualificato sia perché il collaboratore agisce senza la necessaria autonomia, sia perché il committente organizza la sua prestazione. Un esempio può chiarire meglio cosa cambia. Prima della riforma poteva considerarsi ammissibile che il contratto di collaborazione prevedesse un impegno di presenza presso i locali del committente: con la nuova disciplina questo impegno si traduce in una forma indebita di organizzazione e rende illecito il contratto. Altro esempio riguarda l’orario di svolgimento della prestazione: se il contratto stabilisce quando il collaboratore deve svolgere la propria attività, si applica la nuova presunzione di subordinazione.in questi casi, come ricordato, esattamente come accadeva nel caso di accertamento della natura irregolare del lavoro a progetto,l’utilizzo illecito della “nuova” collaborazione rivisitata dal d.lgs. n. 81/2015 comporta l’applicazione della sanzione amministrativa prevista dall’art. 19, comma 3, del d.lgs. n. 276/2003, che punisce la mancata comunicazione obbligatoria in caso di assunzione, proroga, trasformazione e cessazione dei rapporti di lavoro. Nel caso di utilizzo irregolare della collaborazione, la sanzione si applica in quanto il datore di lavoro, mediante la propria condotta illecita, ha indebitamente omesso di comunicare di aver assunto di fatto una persona con un contratto di lavoro subordinato. La sanzione ha un importo variabile: si passa da un minimo di 100 euro sino ad un massimo di 500 euro per ciascun lavoratore.

L’utilizzo illecito del contratto di collaborazione comporta conseguenze sanzionatorie anche dal punto di vista contributivo. La fattispecie viene ritenuta sanzionabile come omissione contributiva e, di conseguenza, si considera punibile con una sanzione civile, in ragione d’anno, pari al tasso di interesse sulle operazione di rifinanziamento principali dell’Eurosistema (ex Tur) maggiorato di 5,5 punti. Le sanzioni sui contributi non versati, tuttavia, non potranno superare il tetto massimo del 40% dei contributi dovuti. Oltre il raggiungimento del tetto, sul solo debito contributivo si applicheranno gli interessi di mora.

Tale importo deve essere versato, ovviamente, in aggiunta ai contributi previdenziali che sarebbero stati dovuti e che sono stati omessi.

Queste sanzioni sono dovute nei confronti degli organi pubblici che compiono l’accertamento o che hanno comunque interesse alla regolare qualificazione del rapporto, ma non bisogna dimenticare che la conseguenza principale della eventuale riqualificazione di un rapporto di collaborazione coordinata e continuativa si produce nei confronti del lavoratore, che diventa titolare di tutti i diritti connessi al lavoro subordinato (compresa la tutela contro i licenziamenti, la maturazione di tutti gli istituti retributivi, delle ferie e del trattamento di fine rapporto), a partire dal momento in cui viene accertata l’effettivo sussistenza di un rapporto di lavoro dipendente.

(Fonte: Lavoro&Impresa) 


Ordine dei Consulenti del Lavoro Consiglio Provinciale di Palermo
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