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Licenziamento e dimissioni: ecco quando spetta la disoccupazione


Ordine Informa

Ai sensi dell’art. 3 del D.Lgs. n. 22/2015, la Nuova prestazione di Assicurazione Sociale per l’Impiego è riconosciuta ai lavoratori che abbiano perduto involontariamente la propria occupazione e che presentino congiuntamente i seguenti requisiti:
– siano in stato di disoccupazione ai sensi dell’art. 1, comma 2, lettera c) del D.Lgs. 21 aprile 2000, n. 181, e successive modificazioni;
– possano far valere, nei quattro anni precedenti l’inizio del periodo di disoccupazione, almeno tredici settimane di contribuzione;
– possano far valere trenta giornate di lavoro effettivo, a prescindere dal minimale contributivo, nei dodici mesi che precedono l’inizio del periodo di disoccupazione.
La NASpI va, inoltre, riconosciuta anche:
– ai lavoratori che abbiano rassegnato le dimissioni per giusta causa;
– nei casi di risoluzione consensuale del rapporto di lavoro intervenuta nell’ambito della procedura di cui all’art. 7 della legge 15 luglio 1966, n. 604, come modificato dall’art. 1, comma 40, della legge n. 92 del 2012.
Giusta causa
Con circolare n. 94 del 12 maggio 2015, l’INPS ha chiarito che, laddove la legge parla di giusta causa, si devono intendere le dimissioni che avvengano a titolo esemplificativo, ma non certamente esaustivo:
– dal mancato pagamento della retribuzione;
– dall’aver subito molestie sessuali nei luoghi di lavoro;
– dalle modificazioni peggiorative delle mansioni lavorative;
– dal c.d. mobbing;
– dalle notevoli variazioni delle condizioni di lavoro a seguito di cessione ad altre persone (fisiche o giuridiche) dell’azienda (art. 2112, comma 4 del codice civile);
– dallo spostamento del lavoratore da una sede ad un’altra, senza che sussistano le “comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive” previste dall’art. 2103 del codice civile;
– dal comportamento ingiurioso posto in essere dal superiore gerarchico nei confronti del dipendente.
Dimissioni durante la maternità
La NASpI spetta, inoltre, anche in caso di dimissioni presentate durante il periodo tutelato di maternità ex art. 55 del D.Lgs. n. 151 del 2001 (da 300 giorni prima della data presunta del parto e fino al compimento del primo anno di vita del figlio).
A tal proposito si ricorda che l’art. 55 del D.Lgs. n. 151/2001 – da ultimo modificato dal D.Lgs. n. 80/2015 – prevede che in caso di dimissioni volontarie presentate durante il periodo per cui è previsto il divieto di licenziamento la lavoratrice ha diritto alle indennità previste da disposizioni di legge e contrattuali per il caso di licenziamento.
In effetti, pur persistendo il divieto di licenziamento, nel periodo di vigenza dello stesso la lavoratrice può decidere di dimettersi volontariamente e, a dire il vero, la maternità è ancora oggi il principale motivo di abbandono volontario femminile del mondo del lavoro.
Quindi, nel caso di specie la lavoratrice conserva il diritto:
– al Trattamento di Fine Rapporto;
– all’indennità di disoccupazione (adesso NASpI), se ne possiede i requisiti.
La norma, in pratica, attribuisce alla lavoratrice il diritto alla riparazione di un danno prodotto da un suo comportamento volontario, in apparente contrasto col principio di autoresponsabilità.
In realtà, la scelta del legislatore si fonda sulla presunzione di non spontaneità completa delle dimissioni, dovute alla necessità di occuparsi del bambino in via esclusiva o, comunque, con una dedizione tale da poter ostacolare la migliore esecuzione della prestazione lavorativa.
Risoluzione consensuale
Per quanto attiene alla risoluzione consensuale del rapporto di lavoro l’INPS ha precisato che la stessa non è ostativa al riconoscimento della prestazione qualora sia intervenuta nell’ambito della procedura di conciliazione da tenersi presso la Direzione Territoriale del Lavoro secondo le modalità previste all’art. 7 della legge 15 luglio 1966, n. 604.
Licenziamento disciplinare
Con circolare n. 142 del 29 luglio 2015, l’Istituto è tornato su alcune questioni per fornire chiarimenti di carattere amministrativo-operativo su aspetti specifici, non espressamente disciplinati dalla normativa, ma che, comunque, possono incidere sulla prestazione.
Con riferimento al licenziamento disciplinare, l’Istituto ha rinviato alla risposta all’interpello n. 13 del 24 aprile 2015 del Ministero del Lavoro – a suo tempo contestata dal Sindacato Unitario dei Consulenti del Lavoro – in cui è stato chiarito che la nuova indennità di disoccupazione NASpI può essere riconosciuta, per l’appunto, ai lavoratori licenziati per motivi disciplinari.
In effetti, in tale occasione il Ministero aveva sottolineato che, a differenza della disciplina normativa sull’ASpI, in cui il legislatore aveva tassativamente indicato le fattispecie per cui non era possibile fruire del trattamento indennitario, con il dettato di cui all’art. 3 del D.Lgs. n. 22/2015, è stato specificato l’ambito di applicazione “in positivo” per il riconoscimento della nuova prestazione di assicurazione sociale, senza indicare le ipotesi di esclusione.
Quindi, appare conforme al dato normativo considerare le ipotesi di licenziamento disciplinare quale fattispecie della c.d. “disoccupazione involontaria” con conseguente riconoscimento della NASpI.
D’altra parte, già con la risposta all’interpello n. 29/2013 sulla concessione dell’ASpI, la Direzione Generale per l’Attività Ispettiva del Ministero aveva sostenuto che il licenziamento disciplinare non può essere inteso tout court quale forma di “disoccupazione volontaria”, proprio perché la misura sanzionatoria adottata mediante il licenziamento non risulta automatica.
Infatti, evidenziò in quell’occasione il Dicastero, “l’adozione del provvedimento disciplinare è sempre rimessa alla libera determinazione e valutazione del datore di lavoro e costituisce esercizio del potere discrezionale (vedi. Cass. n. 4382/1984) non trascurando, peraltro, l’aspetto dell’impugnabilità del licenziamento stesso che nelle opportune sedi giudiziarie potrebbe essere ritenuto illegittimo”.
Licenziamento con accettazione dell’offerta di conciliazione
Sempre con la citata circolare n. 142 del 29 luglio 2015, l’Istituto ha chiarito che l’ipotesi di licenziamento con accettazione dell’offerta di conciliazione di cui all’art. 6 del D.Lgs. n. 23/2015, non è ostativo al riconoscimento della indennità NASpI.
in effetti, anche questa questione era già stata affrontata dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali nella risposta all’interpello n. 13 del 24 aprile 2015, ed in proposito era stato affermato che l’accettazione da parte del lavoratore licenziato dell’offerta datoriale di un importo che non costituisce reddito imponibile e non risulta assoggettato a contribuzione previdenziale, non muta il titolo della risoluzione del rapporto di lavoro che resta il licenziamento e comporta, per espressa previsione normativa, esclusivamente la rinuncia all’impugnativa dello stesso. Pertanto il caso di specie si deve intendere quale ipotesi di disoccupazione involontaria conseguente ad atto unilaterale di licenziamento del datore di lavoro.
(Fonte: Andrea Rosana)
(Fonte: lavorofisco.it)


Ordine dei Consulenti del Lavoro Consiglio Provinciale di Palermo
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