Skip to main content

La somministrazione di lavoro: una valida alternativa al voucher


Ordine Informa

Con la legge 92/2012 (cd. Legge Fornero) il lavoro accessorio ha perso ogni riferimento al concetto di occasionalità. Il lavoro accessorio è tale se osserva solo limiti economici. Aspetto importante è che se un lavoratore è subordinato presso un datore di lavoro, non può essere soggetto con lo stesso a voucher. Con la Legge Fornero, in sostanza si era legittimato come quelle di lavoro accessorio siano prestazioni che non danno luogo, con riferimento alla totalità dei committenti, a compensi superiori a 5 mila euro nel corso di un anno solare: ciò basta a rendere legittima l’attività di tipo occasionale da retribuire con il sistema dei buoni-lavoro. E’ necessario che le prestazioni di lavoro vengano retribuite nel limite di 5 mila euro nell’anno solare, quale limite valido con riferimento al singolo lavoratore prescindendo dal numero dei committenti. Solo se il committente è un’impresa od un professionista, accanto al limite di 5 mila euro – con la totalità dei committenti – occorre soddisfare un ulteriore limite: sempre con riferimento all’anno solare non si può andare oltre i 2 mila euro di voucher a favore del singolo committente, cioè del professionista o dell’azienda. In definitiva, i soli limiti quantitativi dei voucher, sono oggi gli unici elementi di qualificazione del lavoro accessorio. Se rispettati garantiscono la legittimità delle prestazioni. Viceversa, quando vengono superati, si determina la violazione della disciplina normativa, cui non può che seguire, secondo una circolare del Ministero del lavoro del 2013, una trasformazione del rapporto di lavoro in quella che costituisce la forma comune del rapporto di lavoro, ossia in rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato. Ciò almeno con riferimento ai casi in cui le prestazioni siano rese nei confronti di impresa o professionisti e risultino funzionali all’attività di impresa o professionale.
Il nuovo decreto legislativo di riordino dei contratti (Dlgs n. 81/2015) interviene in modo estremamente chirurgico. Innalzamento da 5000 mila euro a 7000 euro netti (9333 lordi) del corrispettivo massimo, in capo al singolo lavoratore, con riferimento alla totalità dei committenti, nel corso dell’anno civile e non solare.

In sostanza, le nuove disposizioni hanno confermato che, fermo restando il limite di 7000 mila euro netti nei confronti della totalità dei committenti imprenditori o professionisti, le attività lavorative possono essere svolte a favore di ciascun committente per compensi non superiori ad € 2000 (2667 lordi).

Altra novità molto importante, è costituita dal fatto che è stata resa strutturale (a tempo indeterminato) la possibilità di rendere prestazioni di lavoro accessorio in tutti i settori produttivi, compresi gli enti locali, nel limite complessivo di 3000 euro di corrispettivo per anno civile, da parte di percettori di prestazioni integrative del salario o di sostegno al reddito. Al superamento dei 3000 euro sono previste delle decurtazioni percentuali delle prestazioni medesime.

Altro elemento innovativo, è costituito dal fatto che per i soli committenti imprenditori o professionisti, che intendono ricorrere a prestazioni di lavoro accessorio, devono acquistare, esclusivamente attraverso modalità telematiche Inps, uno o più carnet di buoni orari, numerati progressivamente e datati, il cui valore nominale orario è fissato in € 10,00. E’ stata prevista nel corso del 2016 la possibilità di acquisizione anche attraverso i tabaccai che aderiscono alla convenzione Inps. Restano ferme le acquisizioni attraverso le banche abilitate. Mentre i committenti non imprenditori o non professionisti, quindi semplici privati, possono acquistare buoni anche presso le rivendite autorizzate, uffici postali.

Viene disposto che i committenti, ma soltanto se imprenditori o professionisti, che intendano ricorrere a prestazioni di tipo accessorio sono tenuti, prima dell’inizio della prestazione a comunicare alla DTL competente, attraverso modalità telematiche (compresi sms, posta elettronica), i dati anagrafici ed il codice fiscale del lavoratore indicando altresì il luogo della prestazione con riferimento ad un arco temporale non superiore ai 30 giorni successivi. D’altro canto il nuovo obbligo di comunicazione delineato dal D.Lgs. n. 81/2015 non è mai divenuta operativo in un anno di vigenza della norma, così il Ministero del lavoro, con nota n. 3337 del 25 giugno 2015, si era affrettato a chiarire che, al fine dei necessari approfondimenti in ordine all’attuazione dell’obbligo di legge e nelle more della attivazione delle relative procedure telematiche, la comunicazione sarà effettuata secondo le procedure di cui alla circolare Inps n. 177/2013. Pertanto, in via transitoria, nelle more dell’attivazione delle procedure verso la DTL, la comunicazione preventiva permane verso l’Inps. Per gli altri committenti, resta il vecchio sistema comunicativo ove prima di dare inizio alla prestazione, effettuano una comunicazione all’inps (portale, contact center..) indicando i dati anagrafici ed il codice fiscale propri e del lavoratore, il luogo dove si svolge l’attività lavorativa ed il periodo di durata presunto.

Ancora, al fine di evitare fenomeni di dumping in un mercato fragile qual è il mercato degli appalti, il Dlgs. n. 81/2015 introduce il divieto di ricorso a prestazioni di lavoro accessorio nell’ambito della esecuzione di appalti di opere o servizi, fatte salve specifiche ipotesi da individuare con decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, sentite le parti sociali, da adottare entro sei mesi dall’entrata in vigore del presente decreto.

La bozza del decreto correttivo 2016, inasprisce ancor di più l’utilizzo dei voucher. Infatti, per i soli committenti imprenditori o professionisti, la comunicazione preventiva dovrà essere compiuta attraverso sms o posta elettronica (si abbandonano le comunicazioni telematiche?), alla DTL competente, almeno un’ora prima dell’inizio della prestazione di lavoro accessorio. Inoltre, imprenditori non agricoli e professionisti sarebbero tenuti a comunicare quotidianamente, almeno un’ora prima, ciascuna giornata in cui viene svolta anche soltanto un’ora di lavoro accessorio, mentre nel solo settore agricolo la comunicazione potrà estendersi fino a 7 giorni di prestazioni lavorative accessorie.

Per quanto sopra esposto, l’utilizzo del voucher comporta numerose criticità per il cliente utilizzatore:

1- l’obbligo/onere di acquisto del voucher;

2- l’obbligo di comunicare preventivamente alla Direzione Territoriale del lavoro la prestazione accessoria. La mancata comunicazione prevede la maxi sansione prevista per il lavoro “nero”. Situazione che diverrà ancora più stringente per effetto del richiamato decreto correttivo;

3- Obbligo di verificare il mancato superamento del limite economico. Ad oggi sembra sufficiente la dichiarazione del prestatore che attesti il non superamento del tetto massimo e complessivo. Su questo non abbiamo conferma dalla giurispudenza. In specie, ci si riferisce ai compensi complessivamente percepiti dal prestatore che non possono superare, 7000 euro netti (9.333 euro lordi) nel corso di un anno civile (si intende per anno civile il periodo dal 1 gennaio al 31 dicembre di ogni anno), con riferimento alla totalità dei committenti.

4- L’Ente Previdenziale chiarisce che lo svolgimento di prestazioni di lavoro accessorio non dà diritto alle prestazioni a sostegno del reddito dell’INPS (disoccupazione, maternità, malattia, assegni familiari ecc.), ma è riconosciuto ai fini del diritto alla pensione.

E’ evidente, che la complessità presente, quella futura, e le incertezze che avvolgono il lavoro accessorio depongono per l’utilizzo della somministrazione, quale strumento flessibile, semplice, immediato, chiaro e privo di refoli di illegalità piuttosto che di pericolosità gestionali votate alla trasformazione del lavoro accessorio in rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato.

(Autore: Filippo Chiappi)

(Fonte: Lavoro&Impresa)


Ordine dei Consulenti del Lavoro Consiglio Provinciale di Palermo
X