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Codicilli, clausole, distinzioni: gli incubi della mini Imu


Fisco Ordine Informa

Prima non si sapeva se ci sarebbe stata la seconda rata dell’Imu, oggi la stessa impasse tocca alla mini-Imu. Con grande difficoltà dei professionisti, sospesi tra una marea di norme diverse Comune per Comune.
Ci risiamo, le norme cambiano con la (pre)potenza che gli appartiene, e a chi si trova a lavorare in base al loro dettato tocca fare i salti mortali. Intorno alla famigerata Imu non c’è pace: promesse politiche di cancellazione durate mesi, alle quali sono seguiti molti tentennamenti all’atto pratico; finché la scorsa settimana un decreto ha soppresso la seconda rata. Che, di fatto, ha introdotto uno strascico (ribattezzato ‘mini-Imu’) a spese dei contribuenti in tutti quei Comuni dove l’aliquota base del 4 per mille è stata aumentata fino ad un massimo del 6 per mille.
Realtà in centinaia di centri italiani medi e grandi (si parla di 800), per svariate migliaia di persone. Compresa Bologna. Il municipio delle Due Torri ha aggiornato lo scorso 3 dicembre la sua ‘Guida alla seconda rata 2013′. Il documento stabilisce un’aliquota al 5 per mille per le abitazioni principali, con la riduzione al 4 nel caso sussistano determinate condizioni di proprietà e reddito. Sappiamo che la seconda rata è stata ufficialmente abolita; ma la voce delle ‘Agevolazioni per l’abitazione principale’ è importante per sapere chi potrà essere esentato anche dalla mini-Imu (quella dovuta sugli aumenti delle aliquote).
Testualmente: «È prevista la riduzione dell’aliquota Imu allo 0,4% per l’abitazione principale, e relative pertinenze, esclusi i fabbricati classificati nelle categorie A1, A7, A8 e A9, aventi un valore catastale complessivo non superiore ad euro 141.000,00 (corrispondente alla rendita catastale complessiva di euro 839,28), a condizione che:
1. i componenti del nucleo familiare non abbiano il possesso di altri immobili, in Italia e all’estero, con valore catastale superiore ad euro 10.000, inteso come somma delle base imponibili delle quote possedute da tutti i componenti del nucleo familiare al primo gennaio dell’anno di imposta.
2. i soggetti passivi siano in possesso del seguente requisito: reddito imponibile IRPEF familiare riferito all’anno 2012 non superiore a – Euro 50.000,00 annui per i nuclei di un solo componente; – Euro 75.000,00 annui per i nuclei familiari di due componenti; – Euro 100.000,00 annui per i nuclei di tre o più componenti. Il nucleo familiare, ai fini i dell’aliquota ridotta, è considerato facendo riferimento alla situazione anagrafica al primo gennaio 2013. La riduzione di aliquota spetta per il periodo dell’anno in cui sussistono le suddette condizioni. L’aliquota agevolata si applica anche alle fattispecie assimilate per legge o regolamento comunale all’abitazione principale del soggetto passivo».
L’esempio di Bologna conferma la difficoltà a distinguere tra condizioni, vincoli e distinzioni anche quando — paradossale — dovrebbe essere tutto finito. Per un commercialista non sarà semplice scremare la foresta di norme e adattarla al caso concreto dei suoi clienti. Domanda: non farebbero meglio i Comuni, anziché parcellizzare il lavoro dei professionisti e agitare i sonni della gente, a fare i conti in proprio e recapitare i bollettini adeguatamente compilati? Un bel «Tu devi pagare così», per dei contribuenti allo stremo della pazienza fiscale, sarebbe un gran traguardo.
Fonte(Fisco e Tasse)


Ordine dei Consulenti del Lavoro Consiglio Provinciale di Palermo
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