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Riciclaggio anche se c’è tracciabilità


Ordine Informa

Il reato di riciclaggio sussiste anche nel caso in cui sia garantita la tracciabilità del denaro: è questo un importante aspetto da tenere a mente, ribadito da ultimo dalla Cassazione penale con la sentenza n.43881 del 22.10.2014.
Il reato di riciclaggio
Abbiamo già avuto modo di richiamare, nei diversi interventi, le profonde differenze che corrono tra la disciplina amministrativa e quella penale con riferimento al riciclaggio.
Sebbene la nostra attenzione si focalizzi spesso soltanto sugli adempimenti fissati dal D.Lgs. 231/2007, la disciplina penale non deve essere sottovalutata, soprattutto alla luce dei recenti orientamenti giurisprudenziali.
L’elemento oggettivo
Già con la sentenza 21 agosto 2012, n. 32936 la Corte di Cassazione si era soffermata sull’elemento oggettivo del reato, chiarendo che si può parlare di riciclaggio anche soltanto nel caso in cui vi sia un trasferimento di denaro tra una persona e l’altra perfettamente tracciato, in quanto la condotta punibile è quella della sostituzione del denaro, cui si aggiunge l’operazione intesa a ostacolare l’identificazione della sua provenienza delittuosa.
È stato quindi chiarito che “non è necessario che sia impedita la tracciabilità del percorso dei beni (cfr., ad es., Cass. Sez. 6, n. 26746 del 6.4.11, dep. 7.7.11) e/o che le operazioni siano avvenute attraverso strumenti negoziali in sé apparentemente legittimi e non occulti, costituendo ostacolo all’esatta identificazione della provenienza di denaro od altri beni anche soltanto l’immotivato coinvolgimento, nei trasferimenti, di più persone (cfr. Cass. Sez. 2, n. 47375 del 6.11.09, dep. 14.12.09)”.
Con la recentissima sentenza n.43881 del 22.10.2014, la Corte di Cassazione è ritornata sul punto, chiarendo che “il delitto di riciclaggio è a forma libera e potenzialmente a consumazione prolungata, attuabile anche con modalità frammentarie e progressive”, per cui integra un atto di riciclaggio anche il mero trasferimento di denaro di provenienza delittuosa da un conto corrente bancario a un altro diversamente intestato.
L’elemento soggettivo
La sentenza in commento si sofferma anche sull’elemento soggettivo, ricordando come, con riferimento al reato di riciclaggio, “l’elemento soggettivo possa essere integrato anche dal dolo eventuale, quando l’agente si rappresenta la concreta possibilità, accettandone il rischio, della provenienza delittuosa del denaro ricevuto ed investito”. Viene a tal proposito richiamata la sentenza della Cassazione n.8330 del 26/11/2013.
Nello specifico, merita di essere ricordato che il caso in oggetto riguarda il trasferimento di 3.600.000 euro da una società (successivamente fallita) all’indagato, per poi essere investiti nell’aumento di capitale di una diversa società.
L’indagato promuoveva quindi ricorso per Cassazione rilevando, tra l’altro, il difetto di dolo, in quanto mancava sia la consapevolezza della provenienza delittuosa del denaro in testa all’agente sia la volontà di ostacolare l’individuazione della provenienza illecita delle somme.
A tal proposito la Corte di Cassazione rileva come l’indagato avesse ricevuto un’ingente somma di denaro, senza che vi fosse documentazione di alcun titolo giuridico che giustificasse sotto il profilo legale tale ingente passaggio di denaro.
Questo comportamento è stato quindi ritenuto, da solo, sintomatico della consapevolezza in testa all’agente della provenienza illecita del denaro e del conseguente dolo generico di trasformazione della cosa per impedirne l’identificazione.
(Fonte: FiscalFocus)


Ordine dei Consulenti del Lavoro Consiglio Provinciale di Palermo
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