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Mutui, aria di rivoluzione


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Aggirare il sistema giudiziario per rilanciare il credito alle imprese e ai privati. Dopo i ripetuti, e infruttuosi, tentativi di riforma della giustizia, il governo prova ora a fare a meno di tribunali, giudici e avvocati.
Senza credito l’economia non può ripartire, ma le banche non possono concedere mutui se non hanno la ragionevole certezza di recuperare quanto prestato. Tanto più che in questo momento sono già gravate da un fardello di oltre 2 mila miliardi di crediti deteriorati e hanno il fiato sul collo della vigilanza europea che non consente loro alcun passo falso. Un circolo vizioso dal quale sembra impossibile uscire. Il governo (dopo essere stato costretto da Bruxelles ad approvare il bail-in, che però rischia di avere come effetto indesiderato quello di minare seriamente la fiducia nel sistema bancario) ci ha provato con il decreto 59, convertito in legge il 29 giugno, con il quale si va nella direzione di aumentare le garanzie offerte alle banche in caso di inadempimento del debitore, riducendo i tempi necessari per il recupero dei loro crediti. Si punta su credito non possessorio e patto marciano e si introducono numerose modifiche ai meccanismi procedurali per velocizzare le esecuzioni e le procedure fallimentari.

Con il patto marciano si consente all’impresa di ottenere (più facilmente) credito dando in garanzia beni immobili. In caso di inadempimento (mancato pagamento di tre rate per un periodo di almeno nove mesi) la banca potrà vendere il bene con procedure piuttosto rapide e soddisfarsi sul ricavato. L’impresa otterrà in ogni caso l’esdebitamento e, se il ricavato della vendita è superiore al debito residuo, anche la differenza. Simile, anche se con una serie ulteriore di garanzie a favore del debitore persona fisica, la previsione introdotta di recente dal decreto legislativo n. 72 del 2016 con il quale si consente alla banca e al debitore di inserire nel contratto di mutuo una clausola che permetterà alla prima, in caso di inadempimento del secondo, di soddisfarsi sul ricavato della vendita della casa. Anche qui, l’eventuale eccedenza viene restituita al debitore.
Nel pegno mobiliare non possessorio il meccanismo è sostanzialmente analogo, la differenza è che la funzione di garanzia è svolta non da un bene immobile, ma da un bene mobile non registrato (caso tipico: un macchinario) che rimane nella disponibilità del debitore ma può essere espropriato e venduto in caso di inadempimento.

Con il decreto legge n. 59 si sono introdotte anche misure per velocizzare e semplificare le procedure esecutive, i decreti ingiuntivi e le procedure fallimentari.

Si tratta di una serie di disposizioni che vanno tutte, oggettivamente, a favore del sistema creditizio, nella speranza di sbloccare l’erogazione di nuovi crediti. Politicamente un passaggio delicato, ma l’alternativa non può essere quella di lasciare tutto come si trova, facendo così crescere i crediti deteriorati (difficili da recuperare anche a causa dei tempi e della cavillosità del nostro sistema giudiziario), con l’incubo di essere costretti prima o poi a ricorrere al bail-in, una vera e propria arma di distruzione di massa della fiducia dei risparmiatori, in grado di disintegrare il sistema economico.
Le opposizioni criticano aspramente questi provvedimenti perché troppo sbilanciati a favore del sistema bancario. Vero. Ma anche il debitore ha i suoi vantaggi: l’alternativa al patto marciano è infatti di solito l’ipoteca, uno strumento che porta comunque alla perdita dell’immobile in caso di inadempimento, con la differenza che i tempi sono molto più lunghi e i costi molto più alti (una recente ricerca dell’associazione T6 ha rilevato che le aste giudiziarie finiscono per assegnare l’immobile a un prezzo che è mediamente la metà del prezzo di mercato, con un costo delle procedure giudiziarie che divora il 25% del valore di realizzo). Il patto marciano è quindi più conveniente per le banche ma, paradossalmente, anche per il debitore inadempiente. Idem il pegno non possessorio. Senza contare che questi strumenti consentiranno di concedere mutui che altrimenti non sarebbero stati dati.
Di fatto queste riforme procedurali cercano di aggirare le strettoie del sistema giudiziario. Anche perché tutti i tentativi fatti finora per migliorare i tempi della giustizia non hanno dato risultati apprezzabili: mediazioni, negoziazioni assistite, arbitrati, processo civile telematico hanno prodotto l’effetto dei classici pannicelli caldi. Ora si prova una strada diversa.


Ordine dei Consulenti del Lavoro Consiglio Provinciale di Palermo
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