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Jobs act, under 35 e piccole aziende: così aumentano le assunzioni


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Più contratti di lavoro. Ma soprattutto di più lunga durata. Se l’obiettivo dichiarato del governo è quello di combattere la disoccupazione riducendo l’area del precariato, si può dire che i primi segnali sono incoraggianti. Nei primi due mesi del 2015 c’è stato un aumento di 154 mila contratti rispetto aell’anno scorso con una crescita media bimestrale del 12,6%.

Tuttavia il dato più significativo consiste nel fatto che sono stati stipulati 79 mila contratti a tempo indeterminato. Vale a dire il 35% in più rispetto allo stesso periodo del 2014. Il dato, ha spiegato il ministero del Lavoro due giorni fa, «non risente ancora delle norme sul contratto a tutele crescenti, mentre tiene conto degli incentivi previsti dalla legge di Stabilità per le assunzioni a tempo indeterminato realizzate quest’anno». Una formula che serve a sottolineare la speranza che con il Jobs act, in vigore da marzo, il trend positivo verrà consolidato.

I NUMERI

Le scelte del governo sembrano dunque confortate dai primi risultati: c’è una forte crescita dei contratti a tempo indeterminato. Ma qual è l’identikit di questi nuovi rapporti? Su questo punto né l’Inps né il ministero del Lavoro sono in grado al momento di dare una risposta precisa. «Ci vorranno alcuni giorni per analizzare tutti i dati e per avere un quadro preciso della situazione», spiegano i collaboratori del ministro Poletti. Tuttavia fonti tecniche del dicastero, alle prese con il flusso delle comunicazioni indirizzate a Roma dalla aziende che assumono, forniscono alcune indicazioni sulla natura di questi contratti a tempo indeterminato firmati a inizio 2015. 

Vediamoli: per almeno l’80% si tratta di rapporti di lavoro a tempo determinato trasformati a inizio anno in contratti senza data di scadenza. Ne beneficiano in particolare giovani under 35 impegnati soprattutto nel settore dei servizi. E sarebbe il Veneto (con una crescita dei contratti del 50%) la guida del Paese. Proprio in quella Regione, dove più forte si fa sentire la ripresa nel settore manifatturiero, si sta registrando una forte impennata dei contratti a tempo indeterminato. La Confindustria locale ne conta circa 20 mila nel primo bimestre: più del 20% del bilancio nazionale. In generale è comunque il Nord Est ad assumere più di tutti.

I RISPARMI

Altro dato interessante: in questa fase assumono a tempo indeterminato quasi esclusivamente le Piccole e medie industrie. Un elemento che le fonti del ministero del Lavoro spiegano con il fatto che «le piccole e medie imprese, per le quali la riforma del Jobs act è sostanzialmente indifferente considerato che non avevano comunque l’ingombro dell’articolo 18, hanno subito approfittato della decontribuzione triennale per assumere a tempo indeterminato». Le imprese, occorre ricordarlo, risparmiano nel triennio fino a 24 mila euro (8.060 euro l’anno) per ogni nuovo assunto a patto di assumere entro il 2015. La grandi aziende, nei ragionamenti che si fanno in queste ore al ministero del Lavoro, per muoversi attendono invece quello che il ministro Poletti, alcuni giorni fa, ha definito il «secondo motore» aggiuntivo rispetto alla decontribuzione e al taglio dell’Irap. E cioè, appunto, il Jobs act che consente, con l’introduzione del contratto a tutele crescenti, di assumere con regole più favorevoli in caso di eventuali successivi licenziamenti.

LO SCENARIO

Il trend di crescita di assunzioni a tempo indeterminato proseguirà nel corso dell’anno? I tecnici del ministero del Lavoro sono prudenti sul punto in quanto è evidente che molte assunzioni già programmate nel 2014 sono state posticipate ai primi mesi del 2015 per cogliere i benefici degli sgravi. E questo ha prodotto un effetto concentrazione nel primo scorcio di quest’anno. Ma resta un fatto che la crescita dei contratti a tempo indeterminato sovverte, almeno per il momento, una tendenza ormai consolidata.

L’incidenza dei lavoratori con contratto a tempo determinato sul totale degli occupati dipendenti del settore privato è cresciuta infatti dal 14% del 1998 al 17% del 2010. E se prendiamo i giovani maschi di età tra i 26 e i 30 anni l’incidenza sale dal 18% del 1998 al 26% del 2010. Il notevole aumento dell’incidenza del contratto a termine sul totale sembra aver registrato una prima battuta d’arresto. L’auspicio del governo è che la situazione migliori ulteriormente. Secondo le statistiche, infatti, man mano che negli anni i contratti a termine si diffondono, il tasso di trasformazione in rapporti a tempo indeterminato scende dall’80% del 1998 al 60% del 2007.

(fonte: msn) 


Ordine dei Consulenti del Lavoro Consiglio Provinciale di Palermo
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