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Fringe benefit aziendali, come si calcolano le tasse


Ordine Informa

Quando si parla di fringe benefit in ambito aziendale si pensa subito al telefonino o ai veicoli aziendali, ma ci sono anche altri beni e servizi che l’impresa può offrire al dipendente, che di fatto confluiscono in busta paga e concorrono a formare il reddito, per cui sono soggetti a imposizione fiscale, ossia a ritenute fiscali e contributive. La tassazione dei fringe benefit, tuttavia, varia in relazione a fattori fra cui il valore totale e la natura: è il TUIR (testo unico delle imposte sui redditi) a stabilire le modalità di calcolo dei benefit e il regime fiscale a cui sono sottoposti. L’articolo 51 del TUIR stabilisce il principio di base per cui «il reddito di lavoro dipendente è costituito da tutte le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo d’imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro». Sono dunque compresi i benefit (per esempio, il telefonino), che però non sempre concorrono a formare il reddito dipendente (e quindi non sono tassati): restano esclusi se nell’arco dell’anno non superino i 258,23 euro.
Gli omaggi aziendali
Dal 2008, in questa cifra vanno compresi anche i cosiddetti omaggi aziendali – come il classico pacco regalo di Natale – che prima erano esclusi dal novero, come stabilito dalla lettera b del comma 2 dell’art. 51 del TUIR, che però poi è stata abrogata dall‘art. 2, comma 6, decreto-legge 27 maggio 2008 n.93. Oggi, dunque, i regali aziendali sotto forma di beni o servizi rientrano in quanto previsto dal comma 3 dell’articolo 51, per cui non concorrono a formare il reddito se sono entro il limite dei 258,23 euro. Se questa cifra viene superata, la somma si tassa per intero (non solo per la parte eccedente il superamento della soglia).
Il valore normale
Trattandosi di beni e servizi, come si fa a quantificarli con precisione per stabilire se è stata superata o meno la soglia di esenzione dei 258,23 euro)? La legge stabilisce che si applicano «le disposizioni relative al valore normale dei beni e servizi». Il valore normale, come stabilisce l’articolo 9 del TUIR, è rappresentato dal «prezzo o corrispettivo mediamente praticato per i beni e i servizi della stessa specie o similari, in condizioni di libera concorrenza e al medesimo stadio di commercializzazione, nel tempo e nel luogo in cui i beni o servizi sono stati acquisiti o prestati, e, in mancanza, nel tempo e nel luogo più prossimi». Come termine di riferimento può essere preso ad esempio il prezzo che la stessa azienda applica al grossista, oppure i listini delle Camere di commercio e le tariffe professionali.
Il valore convenzionale: auto aziendale
Per alcune forme di fringe benefit, come le auto aziendali, non si applica il criterio di valore normale, ma la norma specifica una diversa forma di calcolo (valore convenzionale) se il bene è concesso ad uso promiscuo. Per gli autoveicoli, i motocicli e i ciclomotori «si assume il 30% dell’importo corrispondente ad una percorrenza convenzionale di 15mila chilometri calcolato sulla base del costo chilometrico di esercizio» desumibile dalle tabelle ACI al netto dell’ammontare eventualmente trattenuto al dipendente. Le tabelle vengono elaborate ogni anno entro il 30 novembre e pubblicate entro fine anno dal ministero delle Finanze (con cifre valide per l’esercizio successivo). Per calcolare il valore convenzionale (che andrà in busta paga), si ripartisce l’importo previsto dalle tabelle ACI per tutti i mesi (o i giorni) in cui il veicolo è concesso (si considerano i giorni di assegnazione, non di utilizzo). È importante sottolineare che questo regime di tassazione convenzionale riguarda solo le auto (o gli altri mezzi di trasporto) concessi per uso promiscuo (sia aziendale che personale). Se l’auto è concessa dall’azienda al dipendente per uso personale rientra nel criterio del valore normale.
Fabbricati
Un altro fringe benefit per cui si calcola un valore convenzionale riguarda la concessione in affitto, in uso o in comodato di un fabbricato (ad esempio, un appartamento). Il valore in questo caso è determinato dalla «differenza tra la rendita catastale del fabbricato», e «quanto corrisposto per il godimento del fabbricato stesso». La rendita catastale va aumentata di tutte le spese inerenti il fabbricato stesso, comprese le utenze non a carico dell’utilizzatore. Per i fabbricati concessi in connessione all’obbligo di dimorare nell’alloggio stesso (classico esempio, la portineria), si calcola invece il 30% della predetta differenza. Per i fabbricati che non devono essere iscritti al catasto il valore del benefit è dato dalla «differenza tra il valore del canone di locazione determinato in regime vincolistico o, in mancanza, quello determinato in regime di libero mercato, e quanto corrisposto per il godimento del fabbricato».
Prestiti
Nel caso in cui il benefit sia rappresentato da un prestito, il suo valore convenzionale è pari al 50% della differenza tra l’importo degli interessi calcolato al tasso ufficiale di riferimento vigente e l’importo degli interessi calcolato al tasso applicato sugli stessi. Se per esempio il tasso ufficiale di riferimento è all’1% e quello applicato dall’azienda è pari allo 0,5%, il reddito è rappresentato dal 50% dell0 0,5%, ovvero dallo 0,25% di interessi. La norma di riferimento è il comma 4 lettera b dell’articolo 51 del TUIR, che esclude dall’imponibile i prestiti stipulati prima del 1 gennaio 1997 e quelli di durata inferiore ai dodici mesi concessi, a seguito di accordi aziendali, a:
• dipendenti in contratto di solidarietà;
• dipendenti in cassa integrazione guadagni;
• dipendenti vittime dell’usura ai sensi della legge 7 marzo 1996, n. 108;
• dipendenti ammessi a fruire delle erogazioni pecuniarie a ristoro dei danni conseguenti a rifiuto opposto a richieste estorsive ai sensi del decreto-legge 31 dicembre 1991, n. 419, convertito con modificazioni, dalla legge 18 febbraio 1992, n. 172.
I benefit esenti da tasse
Infine, ci sono una serie di benefit che non concorrono a formare reddito, e di conseguenza non sono tassati. Fra i più importanti:
• mensa aziendale e buoni pasto (fino a 5,26 euro);
• prestazioni aziendali di trasporto collettivo;
• servizi aziendali di educazione, istruzione, ricreazione, assistenza sociale e sanitaria o culto;
• somme erogate dal datore di lavoro per asili nido, colonie climatiche, borse di studio a favore dei familiari;
• piani di azionariato diffuso a favore dei lavoratori per importo massimo di 2.065,83 euro (fino al 2008 l’esenzione riguardava anche gli altri piani di stock option, come quelle individuale, che ora invece concorrono al reddito), i contributi per la previdenza complementare.
Questi benefit non formano reddito. Per tutti gli altri, per verificare se rientrano o meno nella soglia di esenzione fiscale, basta sommare il valore complessivo (sia quelli per cui si calcola il valore normale sia quelli per cui vale il valore convenzionale).
Fonte (PMI)


Ordine dei Consulenti del Lavoro Consiglio Provinciale di Palermo
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