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Cartelle di pagamento, gli atti interruttivi di prescrizione


Ordine Informa

Se ti è stata notificata una cartella di pagamento con cui ti viene richiesto il pagamento di tasse, multe o sanzioni è molto probabile che il tuo avvocato, nella speranza che il debito, nel frattempo si sia prescritto, ti abbia chiesto se hai ricevuto, dopo la consegna della cartella stessa, qualche atto interruttivo della prescrizionee che, dinanzi a questa domanda, tu sia rimasto a bocca aperta, senza sapere a cosa si riferisca. In questa breve scheda, ti spiegheremo cosa sono e che valore hanno gli atti che interrompono la prescrizione. Il discorso, per quanto valido in generale per qualsiasi tipo di debito, verrà ora limitato all’ambito delle sole cartelle di pagamento notificate da Equitalia prima e, dopo il passaggio di consegne, dall’Agenzia delle Entrate-Riscossione.
Quando ti arriva una cartella di pagamento e non intendi impugnarla oppure hai fatto scadere i termini per il ricorso, per poterti liberare per sempre dal debito non ti resta che sperare nella prescrizione: si tratta, cioè, di un termine che inizia a calcolarsi dal giorno dopo la notifica della cartella stessa, scaduto il quale nessun pagamento è più dovuto.
Una volta intervenuta la prescrizione, infatti, il fisco non potrà compiere alcuna attività per far “resuscitare” la propria pretesa e il contribuente si potrà dire completamente libero.
Ma, affinché operi la prescrizione, è necessario che, durante tale termine (ossia, come detto, dalla notifica della cartella a quando scade l’ultimo giorno del termine di prescrizione), il contribuente non riceva alcun atto interruttivo. Questi atti, che altro non sono – per come a breve si dirà – che richieste ufficiali di pagamento inviate con raccomandata a.r. – hanno l’effetto di far ricominciare da capo il calcolo del termine di prescrizione.
Tanto per fare un esempio, se una cartella che si prescrive in 5 anni, viene notificata il 31 dicembre 2016, la prescrizione si compie il 31 dicembre 2021. Tuttavia, se il 31 dicembre 2020 dovesse intervenire un sollecito di pagamento, la prescrizione slitterebbe in avanti e si verificherebbe solo il 31 dicembre 2025.
Ogni cartella di pagamento, a seconda del tipo di pagamento che richiede, ha una prescrizione diversa dalle altre. Di tanto abbiamo parlato più diffusamente in molti articoli presenti su questo giornale. Sinteticamente possiamo ricordare che la prescrizione è:
Iva, Irpef, Irap, canone Rai, contributi iscrizione camera commercio: 10 anni Contributi previdenziali Inps e Inail: 5 Anni Tasse locali come Tari, Tasi, Imu: 5 anni Multe stradali: 5 anniBollo auto: 3 anni.
Gli atti che interrompono la prescrizione sono tutte quelle richieste di pagamento che sintetizzano, in modo completo e certo, gli elementi del credito di cui si chiede il pagamento. In altre parole il primo elemento che deve avere un sollecito per poter interrompere la prescrizione è una identificazione della natura del credito fatto valere: ad esempio, non è sufficiente il richiamo ad una cartella di pagamento non versata, ma è necessario anche indicare il numero e la data di notifica.
Il secondo elemento che deve avere un atto perché possa interrompere il decorso della prescrizione è l’intimazione di pagamento: deve essere cioè evidente nel testo la diffida nei confronti del debitore. In questo senso, è stato ritenuto che anche un preavviso di fermo o di ipoteca, qualora indichino il credito per il quale si procede, possano interrompere la prescrizione.
Il terzo e più importante elemento che contraddistingue un atto interruttivo della prescrizione è la modalità con cui viene notificato. Infatti, affinché il creditore possa dimostrare di aver spedito tale sollecito deve anche avere tra le mani una prova documentale che ne attesti l’invio: il che significa che la notifica deve avvenire o con il messo comunale (che redige la relata di notifica) oppure con il postino a mezzo di raccomandata a.r. (che compila l’avviso di ricevimento).
Solo con tali prove, il fisco può dimostrare che la prescrizione non si è compiuta per aver quest’ultimo inviato uno o più atti che ne abbiano interrotto il decorso. È quanto ricorda una recente sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Latina [1].
Mettiamo che un contribuente abbia ricevuto, 15 anni fa una cartella di pagamento e che abbia, dopo tutto questo tempo, subito l’avvio di un pignoramento. Si fa consigliare da un avvocato il quale gli fa presente che il debito si è prescritto e che quindi può fare ricorso. In tribunale, però, l’Agente della riscossione sostiene di avergli notificato, durante il corso di tali 15 anni, due solleciti di pagamento e che pertanto la prescrizione non si è verificata. Ebbene, affinché la tesi del fisco possa essere valida e sostenibile, è necessario che il predetto Agente della riscossione depositi dinanzi al giudice la prova della notifica di atti interruttivi spediti al contribuente.
Il decorso del termine per la perenzione è bloccato solo da notifiche fatte con tutti i crismi: spetta al concessionario dimostrarne il perfezionamento.
La prescrizione del credito fiscale non può considerarsi interrotta da avvisi di intimazione che non sono stati efficacemente notificati al contribuente.
Chiaramente, se il contribuente non era a casa, l’atto può essere stato depositato presso la Casa Comunale e non essere mai stato ritirato. Pertanto, prudentemente, prima di sollevare l’eccezione di prescrizione, è sempre più opportuno fare prima una istanza di accesso agli atti amministrativi, presso l’Agente per la riscossione, al fine di verificare tutte le notifiche effettuate in passato e controllare che le stesse siano andate a buon fine.
[1] Ctp Latina, sent. n. 1713/5/16.


Ordine dei Consulenti del Lavoro Consiglio Provinciale di Palermo
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