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Usare i permessi 104 per parziale assistenza al disabile è vietato


Ordine Informa

Chi ottiene i giorni di permesso retribuito, ai sensi della legge 104/1992, per assistere il parente disabile, non può svolgere, nella stessa giornata, anche solo parzialmente, altri compiti: diversamente commette una “frode” sia nei confronti del datore di lavoro (per l’utilizzo di un permesso in modo difforme alle finalità previste dalla legge), sia nei confronti del sistema previdenziale nazionale (perché scarica il costo del proprio abuso sulla collettività, in quanto l’indennità gli viene erogata dall’Inps). Pertanto può ben essere licenziato il lavoratore bugiardo che, con la scusa dei permessi della 104, compie altre attività personali. Lo ha ribadito, per l’ennesima volta, la Cassazione con una recente sentenza [1].
L’abuso dei permessi della legge 104 è una delle principali cause di contestazione tra datori di lavoro e dipendenti. È anche vero che questi ultimi si stanno ormai “organizzando” con investigatori privati per mettersi sulle tracce dei lavoratori infedeli. Anche la foto scattata con lo smartphone del collega è stata ritenuta dalla giurisprudenza un valido elemento di prova della distrazione dall’obbligo di assistere il portatore di handicap.
Con un’ultima sentenza, la Cassazione torna quindi sullo scottante argomento ricordando a tutti i falsi utilizzatori dei “permessi retribuiti 104” che è legittimo il licenziamento di chi usufruisce delle giornate di assenza dal lavoro ma poi presta solo una parziale assistenza al parente disabile perché impegnato a svolgere altre attività.
La vicenda:
La Cassazione ha confermato il licenziamento per giusta causa di un dipendente di una società che, dopo aver chiesto e ottenuto alcuni permessi previsti dalla legge sull’assistenza di familiari con disabilità, li sfruttava solo parzialmente: il lavoratore, difatti, veniva visto da un investigatore ingaggiato dall’azienda, recarsi presso l’abitazione del parente da assistere, ma prestare un numero di ore inferiore rispetto a quello previsto.
Il lavoratore in questione aveva prestato assistenza “per due terzi del tempo dovuto o, in base agli stessi riferimenti del ricorrente, per metà del tempo dovuto, con grave violazione dei doveri di correttezza e buona fede sia nei confronti del datore di lavoro che dell’ente assicurativo”.
Il licenziamento, in questi casi, attesa la gravità della condotta, può essere effettuato in tronco, ossia senza preavviso (in gergo giuridico si chiama “licenziamento per giusta causa”).
La Corte scrive parole molto severe nei confronti di chi abusa dei giorni di permesso previsti dalla “104”. Il comportamento del dipendente – si legge nella sentenza in commento – che, con riferimento al permesso previsto dalla legge 104/92, si avvale dello stesso non per l’assistenza al familiare, bensì per effettuare altre attività, integra l’ipotesi dell’abuso di diritto, giacché tale condotta si palesa, nei confronti del datore di lavoro come lesiva della buona fede, privandolo ingiustamente della prestazione lavorativa. Ciò viola peraltro l’affidamento che l’azienda ripone nel dipendente medesimo ed integra nei confronti dell’Inps (in quanto ente erogatore del trattamento economico), un’indebita percezione dell’indennità e uno sviamento dell’intervento assistenziale.
[1] Cass. sent. n. 9217/16 del 06.05.16.
(Fonte: La Legge per tutti)


Ordine dei Consulenti del Lavoro Consiglio Provinciale di Palermo
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