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Un sistema fiscale da paura


Fisco Ordine Informa

Un fisco da paura. Sempre più spesso la lotta all’evasione (oppure, la spremitura dei contribuenti) viene perseguita ai danni della certezza del diritto. In altri termini: sta prendendo sempre più piede una politica tributaria che usa in modo strumentale l’incertezza e l’ambiguità normativa. La ricerca spasmodica di sempre nuova materia imponibile passa per l’esasperata discrezionalità dell’azione di accertamento.
Le ragioni che spingono il legislatore verso questo approccio sono evidenti: se i contribuenti, e i loro consulenti, avessero un terreno solido sul quale combattere, la battaglia per il fisco sarebbe persa in partenza. Li si lascia perciò esposti all’arbitrio di un legislatore capriccioso, ambiguo, mutevole, costantemente in ritardo; di un’amministrazione imprevedibile e dotata di banche dati in grado di accedere a ogni dettaglio dell’attività economica del contribuente; di un sistema di riscossione dotato di poteri sempre più penetranti: così c’è la speranza che le truppe dell’evasione non si riescano a organizzare al meglio, che la paura di danni imprevedibili costringa alla resa, o almeno a scelte di riduzione del rischio fiscale.
La vicenda dell’abuso di diritto, che si trascina ormai da anni e che nonostante tante dichiarazioni di buone intenzioni non riesce a trovare una soluzione, è un caso clamoroso di questa impostazione. Ma anche la voluntary disclosure è emblematica di come i contribuenti vengono sempre più spesso trattati. Ci sono voluti 12 mesi per approvare una norma che desse qualche certezza a chi fosse intenzionato alla regolarizzazione dei capitali. Ora mancano cinque mesi al termine ultimo per la presentazione della domanda di emersione e, nonostante fosse stata ufficialmente annunciata già quattro mesi fa, manca ancora la norma sull’eliminazione del raddoppio penale: avrebbe dovuto essere inserita nell’articolo 17 dello schema di dlgs sulla certezza del diritto, esaminato dal consiglio dei ministri a dicembre del 2014, ma poi tutto è stato bloccato (forse anche dal timore dell’Agenzia delle entrate di perdere gettito). Intanto tutte le operazioni di voluntary disclosure di una certa complessità rimangono dentro i cassetti dei consulenti, in attesa che il parlamento si decida (inutile dire che senza questa norma moltissimi rinuncerebbero all’emersione). Victor Uckmar, il decano dei tributaristi italiani, in un libro appena andato in edicola, ha evidenziato 16 criticità di questa disciplina, e la gran parte di esse fa riferimento proprio alla mancanza di certezze per il contribuente. La maggior parte degli avvocati interpellati da ItaliaOggi Sette solleva lo stesso genere di problemi. Altro esempio quello relativo alla depenalizzazione dei reati minori, che in materia fiscale genera effetti non prevedibili.
Forse bisogna cominciare a cambiare prospettiva. L’indeterminatezza, l’ambiguità della legislazione tributaria, non è un accidente dovuto alla fretta, all’incompetenza del legislatore o alle difficoltà tecniche o politiche: è semplicemente voluta. La certezza del diritto è certamente un bene, per il contribuente, che solo partendo da dati sicuri può organizzare al meglio le proprie strategie. Per l’amministrazione finanziaria, impegnata in una lotta sempre più aspra per garantire livelli di gettito sempre più elevati (pena il default dello Stato), è meglio l’incertezza: è una condizione che le garantisce maggiori probabilità di successo. E pazienza se poi questo va a deprimere l’appetibilità del sistema Italia o il tasso di imprenditorialità dei suoi cittadini: ognuno ha i propri obiettivi da raggiungere. E la politica fiscale ha quello di portare a casa il bottino.
(Fonte: ItaliaOggi)


Ordine dei Consulenti del Lavoro Consiglio Provinciale di Palermo
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