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Sempre meno accertamenti


Ordine Informa

Sempre meno accertamenti fiscali. Tanto che ormai un’impresa o un lavoratore autonomo hanno 2,5 probabilità su cento di subire una visita dell’agenzia delle entrate. La media è di una ogni 40 anni. Lo certifica la corte dei conti nel suo rapporto annuale sui conti dello stato per il 2015. Una relazione che non nasconde preoccupazione per la continua riduzione delle attività di contrasto all’evasione: meno 3,9% per il numero dei controlli e meno 4,4% per il numero egli accertamenti, con un crollo della maggiore imposta accertata addirittura del 16,4%. Una tendenza che si era già manifestata negli anni precedenti ma che nel 2015 si è particolarmente accentuata. E che nel 2016 sarà presumibilmente ancora più manifesta a causa del fatto che in alcune direzioni regionali delle entrate la gran parte della forza lavoro è stata utilizzata per le verifiche da voluntary disclosure.
L’Agenzia delle entrate ha giustificato questo calo di produttività in due modi: nel 2015 l’organico si è ridotto a 39.245 unità, meno 6,5% in cinque anni. E poi c’è stata la sentenza della corte costituzionale (n. 37 del 2015) che ha dichiarato illegittimi 874 dirigenti, un vero e proprio terremoto nella struttura direttiva delle entrate, che continua a produrre i suoi effetti negativi in termini di motivazione, responsabilizzazione, organizzazione del lavoro.

Ma spulciando i dati contenuti nella relazione della corte dei conti emergono altri aspetti interessanti, come il sostanziale abbandono del redditometro, uno strumento sbandierato negli anni passati come decisivo nella lotta alle forme più grossolane di evasione che, evidentemente, non ha retto alla prova sul campo (basti citare, a titolo esemplificativo, la sentenza della ctp di Catania, pubblicata su ItaliaOggi del 5 agosto, che ha demolito la legittimità di questo strumento). Il numero degli accertamenti sintetici eseguiti nel 2015 è calato del 47,5% rispetto al 2014 e addirittura del 73% rispetto al 2013. E mentre il governo aveva previsto negli anni passati un piano straordinario di controlli con una previsione di gettito di centinaia di milioni di euro, nel 2015 il redditometro ha consentito accertamenti per soli 6 milioni.

Fa impressione anche il crollo degli accertamenti sui grandi contribuenti, sia in termini numerici (-12%) sia in termini di maggiore imposta accertata (-38%). Al contrario si continuano a fare molti controlli su soggetti economici, evidentemente di dimensioni modeste, con effetti praticamente nulli in termini di gettito. Addirittura il 45% dei controlli ha prodotto un recupero (teorico) di maggiore imposta inferiore a 1.500 euro. E’ bene ricordare che quando si parla di maggiore imposta accertata non significa affatto che questi valori si trasformeranno automaticamente in maggior gettito. Al contrario negli ultimi anni, a causa probabilmente della crisi economica e della conseguente mancanza di liquidità che ha colpito molte imprese, diventa sempre più consistente la quota di accertamenti che vengono definiti per inerzia del contribuente: cioè contribuenti che, di fronte alla pretesa del fisco, non fanno nulla, lasciando decadere i termini per prestare adesione o acquiescenza al verbale, o per opporvisi. Un fenomeno che interessa il 37% dell’imposta totale accertata dalla quale, presumibilmente, l’erario non riuscirà a ricavare pressoché nulla anche perché si tratta perlopiù di contribuenti di piccole dimensioni che spesso non hanno più alcuna capacità di far fronte ai loro debiti. Parallela alla crescita di questo fenomeno c’è quella della crescita della liquidazione automatizzata delle dichiarazioni derivante dal mancato versamento delle imposte dichiarate. Il contribuente, che evidentemente è in grosse difficoltà economiche, compila correttamente la dichiarazione delle imposte (Iva, ritenute, imposte proprie), ma poi non le versa. Una modalità poco ortodossa di autofinanziamento, quando non addirittura di frode fiscale, che nel 2009 interessava 2.300.000 contribuenti e oggi oltre 3 milioni, con importi cresciuti da 10 a oltre 15 miliardi di euro. Cioè un importo pari a tutto il maggior gettito derivante dall’attività di accertamento messo a preventivo per il 2016 in base alla convenzione tra Mef e agenzia delle entrate per il triennio 2016-2018!

La complessità di questi aggregati numerici manda tuttavia un messaggio chiaro: Il sistema tributario ha ormai raschiato il fondo barile, stretto a tenaglia tra i problemi organizzativi dell’Agenzia delle entrate che non è ancora riuscita a ricostruire le proprie posizioni di vertice e un sistema produttivo fondato su piccole e medie imprese che, in percentuale sempre crescente, non riesce più a far fronte ai propri impegni, strozzato da una crisi di liquidità che non sembra intravvedere risposte in tempi brevi. 

(Autore: Marino Longoni)

(Fonte: ItaliaOggi) 


Ordine dei Consulenti del Lavoro Consiglio Provinciale di Palermo
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