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Redditometro, è sufficiente dimostrare redditi pregressi?


Fisco Ordine Informa

La sentenza Cassazione n.7339/2015 si discosta dall’orientamento consolidato e offre una sponda alla difesa del contribuente nell’accertamento da redditometro
Secondo  la  sentenza della Cassazione n. 7339 del 10 aprile scorso in tema di accertamento delle imposte sui redditi, qualora l’ufficio determini sinteticamente il reddito complessivo netto in relazione alla spesa per incrementi patrimoniali (tramite il redditoemtro) , la prova documentale contraria ammessa per il contribuente riguarda la sola disponibilità di redditi esenti o di redditi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta e non anche la dimostrazione del loro impiego negli acquisti effettuati.
In altri termini ciò che è richiesto al contribuente è la dimostrazione dell’astratta compatibilità tra tenore di vita e reddito disponibile e non del relativo nesso causale che altrimenti sfocerebbe in una vera e propria probatio diabolica non trattandosi di soggetti obbligati alla tenuta di scritture contabili.
E’ una lettura completamente diversa dall’orientamento maggioritario della giurisprudenza e della prassi nell’interpretazione della norma.
IL CASO
La vicenda riguarda l’impugnazione di un avviso di accertamento sintetico fondato sull’acquisto di tre appartamenti (intestati al coniuge fiscalmente a carico del contribuente) e di un’autovettura di grossa cilindrata.
I gradi di merito vedevano prevalere il contribuente: in particolare, secondo la Ctr, la documentazione prodotta dal contribuente relativa al periodo 2003-2008 (ovvero rimborsi di finanziamenti effettuati in precedenza nei confronti di due società nonché l’ammontare dei redditi dichiarati) era sufficiente a dimostrare la sostenibilità degli investimenti effettuati.
Con successivo ricorso per Cassazione l’Agenzia delle Entrate denunciava la violazione dell’art. 38 del D.P.R. n. 600 del 1973 per avere la Ctr ritenuto sufficiente, al fine di vincere la presunzione legale, la prova della percezione di adeguati redditi esenti al fine di giustificare gli incrementi patrimoniali, quando invece sarebbe stato necessario provare anche il nesso causale ovvero l’effettivo impiego di quelle somme per l’effettuazione degli acquisti finiti nel mirino dell’Amministrazione finanziaria. 
1. COLLEGAMENTO TRA LA SPESA EFFETTUATA ED IL REDDITO ESENTE: ORIENTAMENTI DELLA GIURISPRUDENZA ED ONERE PROBATORIO
La sentenza in commento si discosta completamente dall’orientamento stabile della giurisprudenza di legittimità secondo cui, nel caso di incrementi patrimoniali, la prova necessaria a superare la presunzione di maggior reddito non può limitarsi alla sola dimostrazione di una disponibilità finanziaria pregressa (o del possesso di redditi esenti o soggetti alla ritenuta a titolo di imposta o altre disponibilità), dovendo il contribuente provare altresì il collegamento tra tale disponibilità (o possesso) e la spesa per incrementi patrimoniali.
(…)
2. LA SENTENZA ANNOTATA 
La sentenza in commento ha rigettato il ricorso dell’Agenzia delle Entrate annullando definitivamente l’atto impugnato.
I giudici riconoscono l’esistenza dell’orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo cui “In tema di accertamento delle imposte sui redditi, qualora l’ufficio determini sinteticamente il reddito complessivo netto in relazione alla spesa per incrementi patrimoniali, la prova documentale contraria ammessa per il contribuente dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, comma 6, non riguarda la sola disponibilità di redditi ovvero di redditi esenti o di redditi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta, ma anche l’essere stata la spesa per incrementi patrimoniali sostenuta proprio con redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta, e non già con qualsiasi altro reddito dichiarato” (cfr. da ultimo Cass. n. 3111 del 2014).
Eppure i giudici hanno ritenuto di doversene discostare, consapevoli che richiedere al contribuente la prova non dell’astratta compatibilità tra spese/tenore di vita e reddito fiscalmente non rilevante (ovvero esente o soggetto a ritenuta alla fonte a titolo di imposta) ma piuttosto del nesso causale tra le due entità, significherebbe addossargli una vera e propria probatio diabolica, tanto più gravosa ove si consideri che “i destinatali dell’accertamento sintetico sono – per definizione – soggetti non obbligati alla tenuta delle scritture contabili, sicchè ad essi non si può estendere la logica che presiede agli accertamenti fondati sui riscontri con i conti correnti bancari (tante operazioni, altrettanti riscontri documentali ci devono essere circa la provenienza o la destinazione) e non li si può gravare di fornire la puntuale dimostrazione della correlazione causale tra il loro tenore di vita e la disponibilità di risorse prive di rilevanza fiscale”.

(Fonte: Fisco e Tasse)


Ordine dei Consulenti del Lavoro Consiglio Provinciale di Palermo
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