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Part time, orario settimanale “aumentabile” fino al 25%


Ordine Informa

Nel caso il contratto collettivo non disciplini il lavoro supplementare, il datore di lavoro potrà chiedere al lavoratore in part-time di svolgere fino al 25% in più delle ore settimanali concordate, retribuendole con una maggiorazione omnicomprensiva del 15 per cento.

È questa una delle novità contenuta nel testo finale del Dlgs sul riordino dei contratti, che dopo essere stato approvato in via definitiva dal Consiglio dei ministri di giovedì, entrerà in vigore il giorno dopo la pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale. Il lavoratore potrà rifiutarsi di svolgere il lavoro supplementare, per comprovate esigenze lavorative, di salute, familiari o di formazione professionale. Nel rispetto dei contratti collettivi, le parti possono pattuire per iscritto clausole elastiche relative alla variazione della collocazione temporale della prestazione lavorativa o di aumento della sua durata. «Dopo la flessibilità in entrata e in uscita oggetto del contratto a tutele crescenti – spiega Tommaso Nannicini, economista della Bocconi e consigliere economico della presidenza del Consiglio – ci siamo occupati di aumentare la flessibilità organizzativa delle imprese semplificando il part-time e i controlli a distanza, insieme alle tutele nel mercato attraverso gli ammortizzatori sociali e le politiche attive. Il Jobs act è un disegno organico, dove tutto si tiene».

In particolare nel Dlgs che ha avuto un primo via libera dal Cdm e prevede la creazione dell’Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro (Anpal) con dotazione organica di 400 persone, si disciplina anche il contratto di ricollocazione. È uno strumento per i disoccupati da almeno sei mesi iscritti al portale nazionale dell’Agenzia, che riceveranno un assegno individuale spendibile presso un centro per l’impiego o presso soggetti privati accreditati all’Albo nazionale gestito dall’Anpal, che saranno pagati «prevalentemente a risultato occupazionale ottenuto». Rispetto al testo originale che prevedeva il pagamento solo a risultato raggiunto, alla fine è prevalsa la volontà di «assicurare l’economicità dell’attività». La dote di 100 milioni prevista a regime per la ricollocazione potrebbe essere incrementata da almeno altri tre canali: 350 milioni circa arriverebbero dai fondi europei Pon per le politiche attive, inoltre, tramite l’accordo con la Conferenza Stato-Regioni si potrebbe destinare una quota del Programma operativo regionale, in aggiunta alle risorse liberate dalle assunzioni di quanti percepiscono la Naspi. «Le norme ci sono, con la volontà politica si potrebbero mobilitare almeno 500 milioni – aggiunge Nannicini – per far decollare davvero i contratti di ricollocazione».

Sui decreti attuativi del Jobs act resta un giudizio negativo della leader della Cgil, Susanna Camusso, che evidenzia tuttavia «qualche serio passo avanti fatto sul tema della conciliazione», considerando «in parte positivi i temi dell’allungamento dell’indennità di disoccupazione e degli ammortizzatori». Diversa la posizione di Gigi Petteni (Cisl) che sottolinea tra gli elementi positivi «l’estensione della cassa integrazione e dei contratti di solidarietà anche alle piccole imprese tra i 5 e i 15 dipendenti e l’esclusione dell’intervento sul salario minimo». Mentre per il numero uno della Uil, Carmelo Barbagallo, sui «demansionamenti il governo ha fatto un errore», la nuova disciplina «creerà ulteriore conflittualità legale».



(Fonte: Il Sole 24 ore)

Ordine dei Consulenti del Lavoro Consiglio Provinciale di Palermo
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