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L’accompagnamento non fa reddito e non entra nell’Isee


Ordine Informa

Niente timore per chi presenta una grave disabilità o non è autosufficiente e, per questo, non riesce a compiere da solo le mansioni quotidiane: se l’Inps dovesse riconoscere il cosiddetto assegno di accompagnamento, tale importo non “farebbe reddito” e, quindi, non va a incrementare l’Isee. È questo l’effetto della recente riforma [1] che ha posto rimedio a una delle principali storture relative al funzionamento dell’Isee.
Solo qualche giorno fa abbiamo spiegato come l’accertamento, da parte della commissione medica, di un’invalidità pari al 100% non dia automaticamente diritto all’assegno di accompagnamento. Quest’ultima misura, infatti, richiede un requisito ulteriore oltre all’invalidità: che il beneficiario non sia capace di svolgere gli atti quotidiani senza l’aiuto di un’altra persona per via di una menomazione fisica o psichica.

Una volta, però, riconosciuto l’accompagnamento, l’assegno assistenziale non può riversarsi in uno svantaggio per l’invalido, cosa che avverrebbe se quest’importo andasse a incrementare il valore dell’Isee: difatti, in tale ipotesi, il beneficiario non potrebbe più accedere a una serie di servizi sociali gratuiti messi proprio a beneficio di chi versi in condizioni disagiate. Così, prima il Tar Lazio, poi il Consiglio di Stato, infine una modifica legislativa hanno stabilito che l’assegno di accompagnamento non fa reddito e, quindi, non entra nell’Isee.

In particolare, il Consiglio di Stato, con tre sentenze dello scorso 29 febbraio 2016, ha stabilito che le indennità di accompagnamento erogate ai disabili e tutte le forme risarcitorie non devono essere considerati reddito in quanto «servono non a remunerare alcunché, né certo all’accumulo del patrimonio personale, bensì a compensare un’oggettiva ed ontologica … situazione d’inabilità che provoca in sé e per sé disagi e diminuzione di capacità reddituale». Sempre il Consiglio di Stato ha poi bocciato il sistema delle franchigie previsto dall’Isee per bilanciare il “peso” delle indennità e le differenziazioni in relazione alla maggiore o minore età del disabile.

A tali decisioni si è, infine, adeguato il legislatore che, da giugno 2016, ha stabilito il diritto del disabile, beneficiario dell’accompagnamento, di far rettificare la propria attestazione Isee, escludendo dal reddito imponibile i trattamenti assistenziali, previdenziali e indennitari, comprese le carte di debito, percepiti dalla P.A. a causa della propria disabilità.

Risultato: non vanno più conteggiati nell’Isee i contributi percepiti a titolo di rimborso spese che il disabile o la persona non autosufficienza deve sostenere per svolgere le sue attività quotidiane (ad esempio i contributi per l’assistenza indiretta, vita indipendente, gli assegni di cura, i contributi per l’abbattimento delle barriere architettoniche o per l’acquisto di prodotti tecnologicamente avanzati o per il trasporto personale).

Non costituiscono altresì trattamenti le esenzioni e/o agevolazioni per il pagamento di tributi, le riduzioni nella compartecipazione al costo dei servizi, le erogazioni di buoni servizio e/o voucher che svolgono la funzione di sostituzione di servizi, nonché i contributi che sono erogati a titolo di rimborso spese, poiché assimilabili, laddove rendicontati, alla fornitura diretta di beni e/o servizi. Non costituisce infine trattamento assistenziale, previdenziale e indennitario e non va indicato il rimborso spese per le famiglie affidatarie di persone minorenni.

È vero che l’assegno di accompagnamento viene erogato a prescindere dal reddito del destinatario; il che significa che anche chi possiede un reddito adeguato a pagare un accompagnatore, verrà ugualmente beneficiato di tale misura. Ma, proprio perché l’importo versato dall’Inps non costituisce un’utilità ulteriore per il disabile, ma viene spesa proprio per rimediare a tale condizione di inferiorità fisica, essa non può considerarsi fonte di ricchezza.

[1] Art. 2 sexies Dl 42/2016

(Fonte: La Legge per tutti)


Ordine dei Consulenti del Lavoro Consiglio Provinciale di Palermo
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