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La formazione vale sempre per l’anzianità di servizio


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Impossibile discriminare il lavoratore che ha avuto un pregresso periodo di formazione.
Il periodo svolto dal lavoratore come formazione deve essere calcolato ai fini degli scatti di anzianità, a prescindere da ciò che prevedono i contratti collettivi. È quanto chiarito dalla Cassazione in una sentenza pubblicata l’altro ieri [1].
In particolare la Corte ricorda la disciplina attuale prevista dalla legge: in caso di trasformazione del rapporto di formazione e lavoro in rapporto a tempo indeterminato oppure nel caso di assunzione a tempo indeterminato, con chiamata nominativa, entro dodici mesi dalla cessazione del rapporto di formazione e lavoro, il periodo di formazione e lavoro deve essere computato nell’anzianità di servizio.
Alcuni contratti collettivi, però, escludono il diritto del lavoratore – il cui contratto di formazione e lavoro sia stato trasformato in contratto a tempo indeterminato – di beneficiare degli aumenti periodici di anzianità computando anche l’anzianità di servizio maturata nel periodo del contratto di formazione e lavoro.
Secondo, però, i più recenti orientamenti delle Sezioni Unite, il periodo di formazione e quello di lavoro ordinario sono equiparati: si tratta di un principio generale, che non può essere derogato neanche dalla contrattazione collettiva. Insomma, i Ccnl non possono stabilire una regola diversa rispetto al diritto del lavoratore al computo per gli incrementi periodici della retribuzione dell’anzianità maturata nel corso del rapporto di formazione intercorso con la società datrice di lavoro, trasformato alla scadenza in rapporto di lavoro a tempo indeterminato.
Il contratto collettivo non può prevedere un trattamento discriminatorio in danno dei lavoratori che abbiano avuto un pregresso periodo di formazione.
LA SENTENZA
Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 18 giugno – 14 settembre 2015, n. 18045
Presidente Macioce – Relatore Amendola
Svolgimento del processo
1.- Con sentenza del 30 marzo 2009, la Corte di Appello di Firenze ha confermato la decisione del primo giudice con cui è stato riconosciuto il diritto di G.M. al computo a fini economici – e segnatamente per gli incrementi periodici della retribuzione – dell’anzianità maturata nel corso del rapporto di formazione e lavoro intercorso con la Rete Ferroviaria Italiana Spa dal 6 aprile 2000 al 6 aprile 2002, trasformato alla scadenza in rapporto di lavoro a tempo indeterminato.
Si è ravvisata la nullità delle clausole della contrattazione collettiva che, in contrasto con quanto disposto dall’art. 3, co. 5, d.l. n. 726 del 1984, conv. in l. n. 863 del 1984, escludevano la computabilità di detta anzianità.
Con ricorso dell’11 novembre 2009 Rete Ferroviaria Italiana Spa ha domandato la cassazione della sentenza per un unico articolato motivo. Ha resistito con controricorso G.M..
Il Collegio ha autorizzato la motivazione semplificata.
Motivi della decisione
2.— Con il mezzo di impugnazione si deduce violazione e/o falsa applicazione di legge e di contratto collettivo, ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c, chiedendo alla Corte “se contrasti con la norma di cui all’art. 3, comma 5, d.l. n. 726/1984, conv. in l. n. 863/1984 – secondo cui il periodo di formazione e lavoro è computato nell’anzianità di servizio in caso di trasformazione del rapporto a tempo indeterminato – il contratto collettivo – nella specie, Accordo interconfederale 8.12.1998, paragrafo 7.5., e CCNL dei dipendenti delle ferrovie statali 7.7.1995, punto 5.2 – che, nel disciplinare gli aumenti retributivi periodici, esclude l’utile computo del periodo di formazione e lavoro, tenuto conto anche del fatto che la disposizione non nega l’anzianità di servizio stabilita dalla legge, ma si limita a prevedere una decurtazione retributiva per i dipendenti che hanno dato un apporto ridotto alla produttività aziendale a causa della specificità del rapporto di formazione e lavoro”.
3.— Il motivo è infondato in ragione dei più recenti orientamenti della giurisprudenza di legittimità scaturiti da Cass. SS.UU. n. 20074 del 2010.
Era sorto contrasto se fossero valide o meno, in riferimento alla prescrizione di cui al D.L. n. 726 del 1984, art. 3, commi 5 e 12, come convertito nella L. n. 863 del 1984, le norme della contrattazione collettiva nella parte in cui escludono il diritto del lavoratore, il cui contratto di formazione e lavoro sia stato trasformato in contratto a tempo indeterminato, di beneficiare degli aumenti periodici di anzianità computando anche l’anzianità di servizio maturata nel periodo del contratto di formazione e lavoro. Più in particolare, se la garanzia posta per il lavoratore dall’art. 3, commi 5 e 12, cit, riguardi solo gli istituti di fonte legale (quale all’epoca l’indennità di anzianità ed attualmente il trattamento di fine rapporto), non suscettibili di deroghe in peius ad opera della disciplina collettiva, ovvero anche istituti di fonte contrattuale, quali gli aumenti periodici della retribuzione (c.d. scatti di anzianità), istituti la cui regolamentazione è interamente rimessa alla contrattazione collettiva.
Le Sezioni unite hanno risolto la questione in senso favorevole ai lavoratori.
Il Supremo Collegio ha ritenuto, in sintesi, di privilegiare la tesi secondo cui, se è vero che gli scatti di anzianità costituiscono un istituto giuridico di fonte esclusivamente contrattuale, l’equiparazione posta dalla legge tra periodo di formazione e quello di lavoro ordinario esprime un generale canone che si sovrappone, per il suo carattere inderogabile, anche alla contrattazione collettiva, la quale può sì disciplinare nel modo più vario istituti contrattuali rimessi interamente alla sua regolamentazione, come gli scatti di anzianità, ma non può introdurre un trattamento in senso lato discriminatorio in danno dei lavoratori che abbiano avuto un pregresso periodo di formazione. Non è possibile, ad avviso delle Sezioni Unite, per la contrattazione collettiva, a fronte della prescrizione legale suddetta, “sterilizzare” il periodo di formazione e lavoro prevedendo che a qualche fine, come quello degli scatti di anzianità, non valga: il legislatore considera che la formazione al lavoro sia ex lege equiparabile al lavoro prestato. Analogamente non è possibile una disciplina differenziata in ragione della pregressa formazione perché ciò integrerebbe la fattispecie di una discriminazione vietata, come si desume dalla pronuncia della Corte di giustizia del 18 giugno 2009, n. C-88/08, che, seppure sotto il profilo della discriminazione per l’età, ha ritenuto contrastante con gli artt. 1, 2 e 6 della direttiva del Consiglio 27 novembre 2000, 2000/78/CE, sulla parità di trattamento in materia di lavoro, una disciplina nazionale (nella specie, austriaca) che, proprio al fine degli scatti di anzianità, escludeva la formazione acquisita dal lavoratore prima dei diciotto anni di età.
Le Sezioni Unite hanno quindi affermato il seguente principio di diritto: “La disposizione contenuta nel D.L. 30 ottobre 1984, n. 726, art. 3, commi 5 e 12, convertito, con modificazioni, nella L. 19 dicembre 1984, n. 863, secondo cui in caso di trasformazione del rapporto di formazione e lavoro in rapporto a tempo indeterminato ovvero nel caso di assunzione a tempo indeterminato, con chiamata nominativa, entro dodici mesi dalla cessazione del rapporto di formazione e lavoro, il periodo di formazione e lavoro deve essere computato nell’anzianità di servizio, opera anche quando l’anzianità è presa in considerazione da discipline contrattuali ai fini dell’attribuzione di emolumenti che hanno fondamento nella sola contrattazione collettiva, come nel caso degli aumenti periodici di anzianità di cui all’art. 7, lett. c), dell’accordo nazionale 11 aprile 1995, riprodotto senza modifiche nel successivo art. 7, lett. c), dell’accordo nazionale 27 novembre 2000 per i dipendenti di aziende di trasporto in concessione”.
A tale principio si sono uniformate, in fattispecie analoghe, Cass. n. 7981 del 2015, Cass. n. 5228 del 2015, Cass. n. 13496 del 2014, Cass. n. 19198 del 2013, Cass. n. 14229 del 2011, e questo Collegio non ravvisa ragioni per discostarsene.
4.— Conclusivamente il ricorso va respinto.
Tenuto conto del contrasto giurisprudenziale che ha dato luogo all’intervento delle Sezioni unite successivo alla proposizione del ricorso per cassazione della società, ricorrono le condizioni per compensare integralmente le spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese.
[1] Cass. sent. n.18045/15 del 14.09.2015.
(Fonte: La Legge per tutti)


Ordine dei Consulenti del Lavoro Consiglio Provinciale di Palermo
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