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Indennità al lavoratore che inizia e termina il lavoro in luoghi diversi


Ordine Informa

Il dipendente lasciato a piedi che deve raggiungere, alla fine del turno, il luogo ove ha iniziato il lavoro ha diritto all’indennità.
Se il dipendente è costretto a iniziare il proprio turno lavorativo in un luogo e a terminarlo in un altro ha diritto a ottenere un’indennità. La ragione di tale “bonus” [1] risiede nella presunzione che il lavoratore, nel recarsi al luogo di inizio del lavoro vi lasci anche l’automobile ma, al termine del turno, deve necessariamente recarsi a piedi o coi mezzi pubblici per riprenderla. Dunque, il tempo necessario allo spostamento dall’uno all’altro luogo assume la natura di tempo di lavoro, ed in tale forma è retribuito appositamente. È quanto stabilito dal Tribunale di Cosenza con una recente sentenza [2].
La vicenda
Il lavoratore – difeso dall’avv. Simona Carbone – dipendente dell’azienda autotrasporti, prendeva giornalmente servizio al cosiddetto posto di cambio e, al termine del servizio stesso, riportava il mezzo aziendale nel deposito sito in altra località. Poiché i due luoghi non coincidevano, il dipendente, al termine dei turni, era costretto a recarsi a piedi, o con un mezzo di servizio, nel luogo ove aveva lasciato, all’inizio del lavoro quotidiano, la propria automobile. A ciò si aggiungeva che il “mezzo di servizio” non era sempre disponibile.
I precedenti della Cassazione
Secondo giurisprudenza costante della Cassazione [3], il tempo necessario allo spostamento da un posto all’altro di lavoro è da considerarsi lavoro anch’esso e, quindi, da remunerare con l’indennità prevista dalla legge per il trasferimento del dipendente da un luogo all’altro.
I presupposti per l’indennità
La legge, in particolare, prevede come lavoro effettivo “la metà del tempo impiegato per recarsi, senza prestare servizio, con un mezzo gratuito di servizio in viaggi comandati da una località a un’altra per prendere servizio o fare ritorno a servizio compiuto.
Presupposto per l’applicabilità dell’indennità in esame è, semplicemente:
– la non coincidenza del luogo di inizio con il luogo di cessazione del lavoro giornaliero;
– il fatto che questa non coincidenza sia determinata non da una scelta del lavoratore, bensì, ed esclusivamente, da una necessità logistica aziendale: la necessità che il lavoro inizi in un determinato luogo e cessi in altro.
Nel computo del termine devono essere esclusi i periodi in cui il lavoratore è stato assente dal lavoro per aspettativa non retribuita o per infortunio. Sugli importi vanno però calcolati gli interessi legali e la rivalutazione monetaria dalla data di maturazione dei singoli crediti sino al soddisfo.
Quanto all’onere della prova, la circostanza andrà dimostrata adeguatamente dal lavoratore ricorrente, eventualmente facendo ricorso alla prova testimoniale.
[1] Art. 17, lett. c, R.D. n. 2328 del 19.10.1923.
[2] Trib. Cosenza, sent. n. 2174/2015.
[3] Cass. sent. n. 3575/2006; n. 15821/2000.
(Autore: Noemi Secci)
(Fonte: La Legge per tutti)


Ordine dei Consulenti del Lavoro Consiglio Provinciale di Palermo
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