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Incidenti e lavoro: in itinere l’infortunio dall’ultimo cliente a casa


Ordine Informa

Per i dipendenti senza luogo di lavoro fisso o abituale, l’Inail paga per il tragitto dall’ultimo (o il primo) cliente al domicilio del lavoratore.
Infortunio in itinere: dopo gli importanti chiarimenti di solo due giorni fa della Cassazione in materia di risarcimenti dell’Inail per gli infortuni avvenuti nel tragitto tra casa e il luogo di lavoro – chiarimenti che hanno definito quali siano gli incidenti indennizzabili e quali no (leggi “Infortunio in itinere nel tragitto casa-lavoro”) – oggi è il turno della Corte di Giustizia europea [1] che, con una importante pronuncia, si riferisce a tutti quei dipendenti senza luogo di lavoro fisso o abituale. Per questi ultimi come si stabilisce il tragitto “casa-lavoro” se, appunto, il lavoro non è localizzato in un posto specifico? Facile: secondo i giudici di Lussemburgo costituiscono orario di lavoro gli spostamenti tra il domicilio e il primo o l’ultimo cliente della giornata: escludere questi tragitti dal tempo della prestazione sarebbe infatti contrario all’obiettivo della tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori perseguito dal diritto dell’Unione europea.
La questione riguarda tutte le aziende che hanno personale impegnato, ad esempio, in servizi a domicilio del cliente, o nei casi di vendita “porta a porta”, o ancora di personale in rappresentanza presso altre aziende, o comunque costantemente in viaggio (e, quindi, a più alto rischio infortunio rispetto agli altri lavoratori). In tal caso i dipendenti devono essere considerati al lavoro durante gli spostamenti necessari a raggiungere i vari luoghi dove la prestazione è richiesta. Resta ferma l’esclusione dell’indennizzo nel caso di cosiddetto rischio elettivo, ossia quando sia stato il lavoratore a mettersi, volontariamente o colpevolmente, nella condizione di procurarsi il danno (si pensi all’eccesso di velocità, alla scelta di una strada diversa e più pericolosa, alle eventuali soste alternative per fini personali).
Anche il lavoratore che non ha un luogo di lavoro fisso esercita le sue funzioni durante lo spostamento che effettua verso un cliente o di ritorno da questo: gli spostamenti sono intrinseci alla qualità della prestazione. Ridurre il luogo di lavoro solo a un contesto fisico, inteso come “mura dell’azienda” sarebbe una visione troppo restrittiva e, di certo, penalizzante proprio per quei dipendenti a più alto rischio incidenti. L’altro luogo di riferimento è, invece, il domicilio del lavoratore, inteso non come luogo di formale residenza anagrafica, ma quello ove questi abitualmente vive (dorme, mangia, trascorre il resto della giornata). In pratica, il luogo di abitazione è il luogo dove l’assicurato dimora con una certa stabilità. Di conseguenza esso può anche non coincidere con la residenza anagrafica. Se il lavoratore ha fissato la sua residenza in un luogo diverso da quello lavorativo, il percorso è normale se la distanza tra i due luoghi è ragionevole, tenuto conto delle esigenze familiari del lavoratore [2].
[1] C. Giust. UE causa C-266/14, del 10.09.2015.
[2] Cass. sent. n. 3495/79.
(Fonte: La Legge per tutti)


Ordine dei Consulenti del Lavoro Consiglio Provinciale di Palermo
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