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Il Cuneo fiscale: una breve introduzione


Fisco Ordine Informa

Da qualche tempo a questa parte si parla sempre più della necessità di ridurre il c.d. “cuneo fiscale”: di che cosa si tratta? Da cosa è formato? E soprattutto, a chi può giovare qualcosa una sua eventuale riduzione? Per comprendere meglio il concetto di cuneo fiscale vediamo in dettaglio la sua composizione attraverso un esempio pratico.
Il cuneo fiscale è l’insieme di imposte ed altri oneri, connessi al lavoro dipendente, che costituisce la differenza tra il costo del lavoro – sostenuto dall’unità produttiva (ente, azienda o lavoratore autonomo) – e lo stipendio netto che affluisce nelle tasche del lavoratore dipendente.
Si tratta di una serie eterogenea di voci costituita in sostanza da due componenti: a) una di tipo fiscale, prevalentemente Irpef ed Irap, e b) una di tipo parafiscale, vale a dire previdenziale ed assistenziale (soprattutto accantonamenti per la pensione e per la buonuscita). Tale insieme di oneri si va pertanto ad “incuneare” sul costo del lavoro, provocando una sensibile differenza tra il valore di quest’ultimo e lo stipendio netto.
Per comprendere meglio il concetto di cuneo fiscale è opportuno esaminare più in dettaglio la sua composizione, anche utilizzando delle esemplificazioni numeriche, in relazione ad un caso-tipo rappresentato da un rapporto di lavoro del settore privato (es. impiegato del commercio, impresa fino a 50 dipendenti, con Tfr interamente devoluto al fondo pensione di categoria senza ulteriore accantonamento volontario).
Composizione del Cuneo fiscale: un caso pratico
Supponiamo per semplicità che lo stipendio lordo contrattuale sia pari a € 100;
questo importo, statuito dal Ccnl, rappresenta il reddito complessivo del lavoratore.
Tuttavia esso non arriverà interamente nelle sue tasche: prima sarà decurtato dei contributi pensionistici a suo carico (quelli che servono per costruire la pensione), che costituiscono circa il 9% dell’importo contrattuale; poi, su ciò che rimane, si calcolerà l’Irpef (e le relative addizionali locali), vale a dire circa € 18; il risultato è che il lavoratore percepirà un compenso netto pari a circa € 73 a fronte di € 100 di stipendio contrattuale.
Ora bisogna esaminare la componente di costo del lavoro che è a totale carico del datore di lavoro e che pertanto si aggiunge ai € 100 iniziali.
Si tratta della quota di contributi pensionistici ed assistenziali di propria pertinenza, pari a circa € 29(che comprendono le voci per pensione, disoccupazione, assegni familiari, malattia, etc.); poi abbiamo l’accantonamento Tfr da destinare al fondo pensione, pari a circa € 7; dobbiamo inoltre considerare l’assicurazione obbligatoria sugli infortuni (Inail) che possiamo porre circa pari ad € 1; ed infine l’Irap, componente fiscale che va a beneficio dell’ente Regione (la cui aliquota è variabile in funzione della categoria produttiva) e che in questa esemplificazione porremo pari a € 4.
Aggiungendo tutto questo a € 100, otteniamo un costo del lavoro complessivo pari a € 141. Quindi, a fronte di un onere del datore di lavoro pari a € 141 il lavoratore percepisce solo € 73, ovvero poco più della metà.
La differenza di € 68 costituisce il cuneo fiscale.
Riepilogando, potremmo schematizzare nel modo seguente la composizione del costo del lavoro per il caso prospettato:
– da € 0 a € 73: stipendio netto;
– da € 73 a € 91; Irpef ed addizionali locali;
– da € 91 a € 100: contributi pensionistici a carico del lavoratore;
– da € 100 a € 129: contributi pensionistici ed assistenziali a carico del datore di lavoro;
– da € 129 a € 136: Tfr devoluto al fondo pensione;
– da € 136 a € 137: Assicurazione sugli infortuni (Inail);
– da € 137 a € 141: Irap (fiscalità a favore della Regione).
Da quanto sopra detto si può constatare la notevole incidenza degli oneri fiscali e parafiscali sul costo del lavoro, onde l’esigenza di ridurre gli stessi. Tuttavia la diminuzione del cuneo fiscale non è questione semplice. Serve innanzitutto una copertura finanziaria; occorre poi individuare le componenti su cui agire ed analizzare gli effetti della loro diminuzione.
Vediamo in modo sommario gli interventi che potrebbero apportarsi sulla parte di cuneo compresa entro il valore di € 100 (valore contrattuale, da rimanere invariato) e dei quali beneficerebbe esclusivamente il lavoratore.
Se, ad esempio, si agisse sulla componente Irpef (segmento € 73 – € 91), in realtà ciò di cui si sta parlando è una riforma della tassazione diretta, attraverso una rimodulazione di scaglioni, aliquote, deduzioni e/o detrazioni: le risorse di copertura servirebbero per compensare il minor introito dell’erario.
Se invece si agisse sulla componente contributiva a carico del lavoratore (segmento € 91 – € 100) avremmo anche in tal caso una busta paga netta di importo più elevato, ma avremmo anche minori contributi pensionistici versati, che con l’attuale sistema di conteggio della pensione (“contributivo”) vuol dire una rendita meno elevata: il lavoratore prenderebbe qualcosa di più oggi a fronte di minori importi futuri (di pensione).
Tenuto conto che già oggi una quota non marginale della categoria dei pensionati lamenta l’insufficienza del proprio reddito per far fronte alle incombenze quotidiane, l’ipotesi di diminuire i contributi pensionistici del lavoratore richiederebbe di attingere alla fiscalità generale (onde l’esigenza di adeguata copertura) per reperire un importo uguale a quello decurtato, al fine di lasciare inalterato il livello degli accantonamenti pensionistici. In ogni caso ricordiamo che fin che si agisce sui segmenti inferiori a € 100 non muta l’ammontare del costo complessivo per il datore di lavoro.
A questo punto esaminiamo le conseguenze di un intervento sulle componenti del cuneo comprese nella forbice € 100 – € 141 (nel qual caso gli interventi comporterebbero sempre un vantaggio per il datore di lavoro).
Innanzitutto ci sembra, per ovvi motivi, che un intervento sulla componente Inail sia del tutto inopportuno (oltre che numericamente poco significativo); occorre pertanto esplorare le altre ipotesi.
Agire sul segmento € 100 – € 136 significherebbe ridurre gli accantonamenti pensionistici(e di buonuscita, nel caso si voglia mantenere il Tfr in azienda): ciò andrebbe a scapito del lavoratore, che vedrebbe diminuire le sue entrate future (di pensione ed eventualmente di buonuscita) senza peraltro vedersi aumentare quelle attuali. A tal proposito vale il discorso già fatto sopra riguardo i contributi previdenziali a carico del lavoratore.
Agire sul segmento € 137 – € 141 (Irap) significa ridurre la tassazione fiscale nei confronti del datore di lavoro. In tal caso la copertura finanziaria servirebbe per compensare le Regioni in modo da consentire loro il regolare esercizio delle funzioni ad esse demandate.
Come si vede, la diminuzione del cuneo fiscale può presentare una varietà di significati ed una molteplicità di possibili interventi che la sua proclamazione in astratto, se non affiancata da una dettagliata illustrazione dei provvedimenti da mettere in atto, non consente un giudizio sulla bontà dell’operazione.
Occorre invece comprendere quali possano essere i segmenti sopra illustrati sui quali si voglia effettuare i “tagli”, le modalità di effettuazione degli stessi nonché l’individuazione delle risorse sostitutive a copertura della diminuzione di entrate fiscali e/o parafiscali decurtate dal costo del lavoro.
Con il CdM del 12/03/2014 il governo italiano ha messo in cantiere una serie di provvedimenti di rilancio dell’economia che prevedono, tra l’altro, un abbattimento del cuneo fiscale da effettuarsi mediante una sensibile diminuzione dell’Irpef (circa € 1.000 per i lavoratori dipendenti con reddito ai fini fiscali entro € 25.000 annui) nonché un calo dell’Irap “per le aziende” nella misura del 10%.
Qualora tali misure dovessero concretizzarsi si può ipotizzare – tornando all’esempio sopra configurato – un calo del cuneo pari a circa 4 punti sul segmento Irpef e pari a circa 0,4 punti sul segmento Irap, per un totale di 4,4 punti. Il costo del lavoro diminuirebbe in tal caso della sola quota Irap (0,4).
Fonte (Fisco e Tasse)


Ordine dei Consulenti del Lavoro Consiglio Provinciale di Palermo
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