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I Consulenti del Lavoro al centro delle Riforme per un paese delle Opportunità – Le opinioni del Presidente Marina Calderone


Ordine Informa

In occasione dell’evento formativo “I Consulenti del Lavoro al centro delle Riforme per un paese delle Opportunità”, svoltosi a Trapani il 26 ed il 27 settembre scorsi, abbiamo chiesto, al nostro Presidente Nazionale Marina Calderone, di esprimere la sua autorevole opinione sulla Riforma del Lavoro, rivolgendoLe alcune domande:
D1) Cara Presidente, a Trapani si è svolta un’importante manifestazione dei Consulenti del Lavoro Siciliani, che hanno discusso la nuova riforma del mercato del lavoro con gli ex ministri, Maurizio Sacconi e Cesare Damiano, e con il Segretario Generale del Ministero del Lavoro, Paolo Pennesi. A seguito dei lavori del convegno che si è appena concluso, potresti esprimere una tua opinione in merito alla Riforma?
R1) Esprimere un’opinione compiuta su una riforma, che poi è contenuta all’interno di un disegno delega di legge, è molto difficile. Come ho detto, nel corso della tavola rotonda, l’attenzione massima dovrà essere posta sui decreti di attuazione, perché entro 6 mesi il governo è demandato ad adottare quei provvedimenti che poi dovranno dare corso e corpo al percorso riformatore. In linea di massima, noi non siamo contrari a quelle che sono le iniziative volte a dare maggiore flessibilità al mercato del lavoro in Italia, quindi anche a quelle riflessioni che si fanno sulla flessibilità in uscita. Abbiamo chiesto di affrontare una volta e per tutte la riforma del lavoro, come una riforma organica e complessiva, di quelli che sono gli strumenti che poi devono condurre le persone al lavoro. La nostra attenzione e la nostra preoccupazione va ai tanti giovani che oggi non hanno un’occupazione e va certamente anche a quelle persone che l’hanno persa e che rischiano di non rientrare in tempi brevi all’interno del circuito lavorativo. Pensiamo anche che molte delle tensioni che si sono generate sulla garanzia reale, sull’articolo 18, non ci sarebbero se oggi in Italia fosse consentito a chi perde un lavoro di poter avere delle altre proposte in tempi brevissimi e di poter avere delle alternative per la rioccupazione. Il tema è questo, il problema è quello del disagio sociale che emerge in un Paese che vive la crisi, anche come un ripiegamento di una visione industriale. I nostri imprenditori sono scoraggiati, non hanno voglia, ma soprattutto non hanno la possibilità di impegnarsi su una proiezione di medio e lungo periodo, perché manca tutto un sistema di sostegno all’impresa che invece sarebbe necessario per creare nuova occupazione.
D2) Sempre in merito alla riforma, nello specifico parliamo di riduzione del costo del lavoro, una problematica che, com’e’ noto, riguarda la gran parte delle imprese, ed a proposito di ciò quali sono le proposte formulate dai Consulenti del Lavoro?
R2) Di proposte Noi, Consulenti del Lavoro, ne abbiamo fatte diverse, ne abbiamo fatte tante, anche in concomitanza con il nostro Congresso, attraverso una rivisitazione di quelle che sono alcune forme di privilegio sotto il profilo pensionistico. Abbiamo detto che tutti questi fondi speciali che esistono e che sono collaterali con la previdenza obbligatoria, potrebbero essere razionalizzati ed i risparmi che ne deriverebbero potrebbero poi, invece, essere investiti per avere una riduzione sensibile della percentuale del costo del lavoro. Certo il tema del costo del lavoro è un tema assolutamente caldo. Io credo che uno dei limiti della riforma sia il fatto che al momento invece è necessario premettere che la riforma deve essere a costo zero per le casse dello stato. Diventa difficile coniugare il concetto riforma con il mantenimento, perché fare le riforme mantenendo il principio di invarianza economica sui conti dello stato risulta difficile da applicare, quando non ci sono risorse aggiuntive pertanto andando in contrasto con quelle che invece devono essere delle iniziative volte a migliorare e irrobustire il nostro mercato del lavoro. Il mercato del lavoro è estremamente rigido, in quanto non è solo la flessibilità in entrata che determina poi il livello di flessibilità del mercato del lavoro e non vorrei che anche noi venissimo in qualche modo condizionati da una visione che è una visione solo ed esclusivamente parziale di un segmento, di quelle che sono le analisi invece necessarie per determinare una flessibilità complessiva del mercato del lavoro. Il nostro mercato del lavoro è il peggiore d’Europa, in quanto è meno efficiente e in termini di ranking mondiale siamo nelle ultime posizioni, accanto a paesi che non hanno nulla a che vedere con la storia e la tradizione, anche istituzionale, italiana. Io credo che questo ci debba far riflettere perché nella graduatoria mondiale, dal 2011 al 2014, abbiamo perso in media quindici posti sulla qualità ed efficienza del mercato del lavoro. Vuol dire che alcune riforme, per esempio come la riforma Fornero, hanno inciso negativamente sulla tenuta della nostra occupazione, peraltro già molto in crisi a seguito ovviamente del contesto socio- economico molto mutato e molto difficoltoso in cui noi operiamo.
D3) Nel corso della nostra intervista, hai fatto riferimento all’articolo 18. Come ben sappiamo sull’argomento vi è una forte diversità di opinioni, ed in particolare le associazioni sindacali dei lavoratori hanno espresso un parere contrastante ad un eventuale rivisitazione dello stesso. A proposito di ciò, tu che ne pensi?
R3) Io penso che per poter rendere effettive le garanzie e le tutele ci debba essere un apparato normativo e una situazione generale che consenta poi alle persone di lavorare. La flessibilità in uscita può essere uno degli elementi su cui noi dobbiamo assolutamente puntare. Che il contratto a tempo indeterminato diventi un contratto a tutele progressive, quindi sulla base dell’anzianità di servizio e ci sia anche una determinazione dell’eventuale risarcimento nel corso di licenziamento, può essere certamente un operazione da osservare con estrema attenzione e chiediamo di non vanificare un intervento di questo tipo, che sicuramente qualche conflittualità la porterà nelle aziende, nel momento in cui ci saranno lavoratori tutelati e lavoratori non tutelati che magari svolgono il medesimo lavoro. Chiediamo pertanto di non vanificare gli sforzi fatti sulla complessità della riforma limitandoci a discutere solo sull’articolo 18. Invece io credo che questo debba essere uno dei tanti elementi di un percorso di riforma che deve partire dalla qualità dei nostri servizi per il lavoro, quindi dalla valorizzazione anche dell’agenzie, del ruolo delle agenzie per il lavoro compresa la nostra fondazione, che poi passi anche attraverso un accompagnamento al lavoro mediante una riqualificazione di quei contratti d’ingresso, come l’ apprendistato, che invece denotano tutte le difficoltà che noi oggi viviamo nel mettere in relazione il contesto statale con quello dei territori e delle regioni. Le sfide sono tante e una riforma, se riforma deve essere, deve appunto portare con sé tante risposte, dare soluzioni a tanti interrogativi. Allora ecco che, anche dalle tavole rotonde di questi due giorni, sono emersi alcuni aspetti, alcuni indicatori che ci dicono che noi dobbiamo certamente accogliere con favore, quelle che possono essere le novità in materia di articolo 18, laddove questo probabilmente poi diventi un percorso condiviso dalla maggioranza degli italiani e nello stesso tempo sollecitare ad intervenire anche su altre priorità che nel mondo del lavoro ci sono e che vengono avvertite soprattutto da quelle che sono le fasce deboli del nostro paese. Li mi riferisco ovviamente ai giovani, ma anche a chi giovane non lo è più, ma deve continuare a lavorare perché non ha una pensione e soprattutto nel contesto del mondo dei giovani, anche alle giovani donne che portano con loro altre responsabilità e che necessitano di interventi seri a sostegno di una scelta genitoriale che non gli deve essere negata solo perché invece è indispensabile lavorare.
D4) Per concludere volevo una tua riflessione, nell’attuale contesto in cui ci troviamo a vivere ed operare, con particolare riferimento a noi, donne e consulenti del lavoro, tu sei la dimostrazione di come possa conciliarsi l’essere donna e l’ essere una professionista affermata, nonché ricoprire un ruolo assai rilevante ed efficace all’interno della nostra categoria.
R4) Il nostro non è solo un ruolo efficace, il nostro è un ruolo indispensabile, perché oggi la nostra come tutte le altre categorie professionali e come tutti i contesti lavorativi italiani, non può prescindere dalla presenza femminile. Le donne, ormai sono il 46% degli iscritti al nostro ordine, ma nella fascia di iscrizione, quindi tra i Consulenti del Lavoro che hanno meno di cinque anni di anzianità, sono il 70%. C’è una forte integrazione lavorativa da parte della componente femminile e questa va accompagnata e sostenuta, perché credo che un paese che non sostiene le donne, è un paese che non guarda il suo futuro, soprattutto laddove le donne, in questo momento, sono la forza lavoro emergente e sono soprattutto, per motivi demografici, più numerose degli uomini. Allora in un paese come il nostro, che è un paese in cui le tematiche demografiche sono state sottovalutate a lungo ma che invece emergeranno sempre di più, lavorare per integrare la componente femminile, quindi rimuovere tutti quegli ostacoli, quelle barriere e favorire, invece, il pieno accesso al mondo del lavoro, credo sia una priorità. La categoria non è altro che lo specchio della società, noi donne non siamo animali da laboratorio o delle cavie, noi non siamo soggetti che vivono in un’atmosfera rarefatta ma siamo sicuramente delle persone che operano nella società e che cercano anche di salvaguardare quelli che sono i bisogni della società fino alle istituzioni, che molto hanno perso del contatto diretto con i territori e con i cittadini, e in questo io vedo una virtù tutta femminile che penso possa essere un elemento vincente anche della nostra attività professionale. Le donne sono per natura, per definizione, per tradizione, per cultura, votate alla conciliazione. La conciliazione nei tempi di vita di lavoro, peraltro, non è che la nostra capacità di agire bene nella vita e nei tanti ruoli che poi questa ci assegna. Allora ecco che laddove ci sono, datore di lavoro da una parte e lavoratore dall’altra, dei momenti di contrasto, quel ruolo, quella nostra attitudine, anche alla conciliazione, può diventare l’elemento in più, l’elemento vincente della nostra esperienza professionale. Quindi da presidente, ovviamente di sesso femminile, della nostra professione, non posso che esser e felice anche di una rinnovata energia da parte delle colleghe che le sta portando ad assumere ruoli di responsabilità all’interno dei nostri consigli provinciali. Sempre più donne, infatti, sono oggi presidenti dei nostri ordini provinciali, sempre più donne hanno ruoli all’interno dei nostri consigli ed è giusto che sia cosi, perché il ricambio, anche a livello dirigenziale, passa attraverso un’assunzione di responsabilità da parte della componente femminile nella professione.


Ordine dei Consulenti del Lavoro Consiglio Provinciale di Palermo
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