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Ferie: a chi spetta scegliere il periodo, al lavoratore o al datore?


Ordine Informa

Sebbene le ferie siano ben conosciute ed apprezzate da tutti i lavoratori, non è affatto chiaro chi debba individuarne il periodo e in che modo fruirne.
Quante volte abbiamo sentito l’espressione “Mi sono preso le ferie dal…” detto da un lavoratore dipendente e quante volte abbiamo sentito le lamentele di altri lavoratori che minacciavano azioni giudiziarie se l’azienda non avesse permesso loro di scegliersi il relativo periodo.
Ebbene, nonostante quello che si può pensare non funziona così. Il periodo di ferie è concesso dal datore di lavoro, sulla base delle proprie esigenze organizzative e produttive, al lavoratore e non viceversa, sebbene il datore medesimo debba attenersi ad alcune regole e non possa determinare il periodo in modo arbitrario e incondizionato.
Infatti, secondo la giurisprudenza oramai consolidata, l’individuazione del periodo feriale deve tener conto di due interessi contrapposti, quello del lavoratore a fruire di un periodo di riposo sufficiente a reintegrare le energie perdute lavorando, e quello del datore di lavoro al buon funzionamento dell’azienda. Più precisamente, si ritiene che la scelta del periodo feriale sia idonea a salvaguardare l’interesse dal lavoratore alla sola condizione che il numero delle giornate di ferie sia congruo.
Pertanto, mentre non sarebbe idoneo allo scopo imporre al lavoratore di fruire di una o di due giornate di ferie, il datore di lavoro potrebbe anche unilateralmente imporre al proprio dipendente la fruizione di una settimana di ferie, a condizione di provare che ciò è coerente con il buon funzionamento dell’azienda.
Ed ancora, una sentenza della Corte di Cassazione [1], poi confermata da altre, ha ritenuto irrilevante addirittura la circostanza che il periodo di ferie già fosse stato concordato, e che il lavoratore già avesse prenotato le proprie ferie. Più precisamente, in quel caso il lavoratore, dopo che le ferie erano state concordate e dopo aver prenotato un albergo in coincidenza del periodo feriale, a seguito del rinvio del periodo feriale disposto unilateralmente dal datore di lavoro, per sopravvenute urgenti necessità organizzative, si era ugualmente assentato dal lavoro per qualche giorno, durante il periodo originariamente pattuito, per recarsi nella località turistica dove aveva effettuato la prenotazione.
Conseguentemente, il datore di lavoro lo aveva licenziato, considerando ingiustificata l’assenza dal posto di lavoro. Il lavoratore, impugnava il licenziamento sotto per carenza di valida giustificazione, ma il ricorso veniva rigettato dai Giudici e confermato dalla Cassazione: infatti, è stato ritenuto che il datore di lavoro, avendo provato l’effettiva sussistenza della necessità organizzativa che rendeva necessario spostare il periodo feriale originariamente concordato, legittimamente aveva modificato, sia pure unilateralmente, il periodo delle ferie.
In sostanza, il lavoratore, una volta messo a conoscenza della distribuzione delle ferie nell’arco dell’anno da parte dell’azienda, ha un vero e proprio onere di comunicare tempestivamente le eventuali esigenze personali che giustifichino una richiesta di modifica del periodo fissato. In mancanza è possibile ritenere che il silenzio del lavoratore sia qualificabile alla stregua di un vero e proprio assenso tacito alla scelta della società. Peraltro, un eventuale spostamento delle ferie potrebbe in seguito essere giustificato e richiesto solo adducendo motivi sopravvenuti ed originariamente imprevedibili e fermo restando il diritto del datore a non concederlo per obiettive necessità organizzative.
[1] Cass. sent. n.5216 del 25.05.98.

(Fonte: La Legge per tutti)

Ordine dei Consulenti del Lavoro Consiglio Provinciale di Palermo
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