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Disoccupazione giovanile e classe dirigente vecchia: l’Italia del 2013


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Vecchi al potere e giovani disoccupati senza futuro con 8 milioni di italiani sempre più poveri. È il ritratto dell’Italia 2013 che emerge dai dati presentati da un lato da Coldiretti all’Assemblea dei giovani e realizzati in collaborazione con l’Università della Calabria, dall’altro dal rapporto annuale dell’Istat. Ai piani alti del potere della politica, dell’economica e della pubblica amministrazione siedono sempre più anziani, con un’età media di 59 anni, la più alta di tutta Europa. Ai piani bassi i giovani con il tasso di disoccupazione giovanile tra i 15 e i 24 anni al 23,8%; in mezzo le famiglie italiane sempre più in difficoltà per cui una su due non può permettersi una settimana di ferie all’anno e una su quattro non riesce a sostenere spese improvvise di 800 euro senza aiuti. Il quadro non è roseo neanche per chi ha 30-40 anni: il 28% in questa fascia d’età non sopravvive senza l’aiuto economico dei genitori, dato che sale al 43% per chi ha tra i 25 e i 34 anni.
In Italia dunque il potere è saldamente nelle mani dei più vecchi che rimangono nelle posizioni di vertice anche dopo l’età pensionabile: questo ha bloccato il ricambio generazionale per cui chi è giovane non solo non riesce a fare carriera ma neppure a trovare un lavoro. La crisi occupazionale raggiunge punte di disperazione tra le giovani generazioni, ma il dato è allarmante perché esteso a più fasce d’età. Le famiglie non riescono più a sostenere i costi di una disoccupazione che blocca i giovani, tenendoli il più a lungo possibile a casa e per i quali l’aiuto della famiglia è necessario per sopravvivere.
Classe dirigente più vecchia d’Europa.
La catena inizia ai vertici. L’età media della classe dirigente è di 59 anni: in tutta Europa solo l’Italia ha anziani al potere in ogni settore. Il primato spetta al settore bancario dove presidenti e amministratori delegati hanno un’età media di 69 anni, superiore di due a quella dei Vescovi in carica. I presidenti dei Tribunali delle città capoluogo di Regione hanno in media oltre 65 anni, con 9 casi su 20 che superano i 70 anni; scuole e università sono il regno dei capelli bianchi con i professori universitari italiani che hanno una media di 63 anni.
L’età media dei massimi dirigenti nelle aziende italiane è di 62 anni, la stessa di presidenti e a.d. delle principali società a partecipazione con quasi tutti i nomi più importanti over 65 e addirittura over 70, il massimo dell’età pensionabile prevista dalla riforma Fornero.
Giovani disoccupati e preoccupati per il futuro
I giovani invece sono disposti a tutto pur di lavorare: non si pensa neanche più alla carriera. Per chi non lavora qualsiasi occupazione andrebbe bene e il 49% dei disoccupati farebbe anche l’operatore ecologico, il 49% il pony express e il 39% l’operatore di call center. Non trovare lavoro porta anche ad accettare meno diritti: il 43% dei giovani è disposto ad accettare uno stipendio di 500 euro al mese a parità di orario di lavoro, mentre il 39% lavorerebbe più ore e più a lungo pur di avere lo stesso stipendio.
Con il mercato del lavoro bloccato un giovane su due sotto i 40 anni è pronto ad andare all’estero ed è facile capire il perché. Il 28% tra i 35 ed i 40 anni sopravvive solo con l‘aiuto economico dei genitori, dato che sale al 43% di quelli tra 25 e 34 anni e all’89% dei giovani tra 18 e 24 anni. Anche chi lavora ha bisogno del supporto di mamma e papà (il 27%) ed è per questo che il 51% vive in famiglia, con il 26% tra i giovani compresi dai 35 ai 40 anni e il 48% di quelli di quelli tra 25 e 34 anni.
Famiglie italiane sempre più povere
Tutto questo ricade sulle famiglie italiane: secondo l’annuale rapporto dell’Istat oggi sono 8.499.025 le persone appartenenti a famiglie in condizione di grave deprivazione, che hanno cioè difficoltà ad affrontare la vita quotidiana, non solo ad arrivare a fine mese. Il dato è cresciuto in modo allarmante in meno di 2 anni: in percentuale nel 2010 era al 6,9%, nel 2012 al 14,3%.
Si tagliano le spese a ogni livello, da quelle alimentari (62,3% la percentuale di famiglie che “hanno adottato strategie di riduzione della quantità e della qualità dei prodotti alimentari) a quelle per abbigliamento e calzature (il 69,1% ha tagliato drasticamente queste voci di spese). Un quadro desolante e impietoso su cui la politica deve agire e in fretta prima che sia troppo tardi.
(Fonte: Istat)


Ordine dei Consulenti del Lavoro Consiglio Provinciale di Palermo
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