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Diritto del dipendente sapere chi parla male di lui al datore


Ordine Informa

Diritto del lavoratore di accedere agli atti riservati quando si tratta di difendere un proprio diritto in causa davanti al giudice.
Va mostrata al dipendente la mail privata del collega che sparla di lui col capo in vista del conferimento di un incarico: è in gioco la sua carriera e questi, pertanto, deve poter ottenere copia del documento in modo da agire davanti al giudice. A chiarirlo è il Consiglio di Stato con una recente sentenza [1]. Non c’è dunque alcuna segretezza sui documenti presentati da terzi, neanche se costoro chiedono il massimo riserbo sulla segnalazione fatta al datore: ciò perché, laddove si tratti di esercitare un proprio diritto alla difesa giudiziaria, non c’è privacy che tenga.
L’accesso al documento non può essere negato al lavoratore che ne faccia richiesta all’azienda al fine di difendersi in tribunale per tutelare la propria immagine professionale qualora intenda contestare la decisione che pregiudica la sua carriera a causa di segnalazioni da parte dei colleghi: il suo datore deve tirare fuori tutti verbali del consiglio di amministrazione, compreso il testo dell’email e il nome di chi l’ha inviata. L’azienda non si può trincerare di fronte alla considerazione che si tratterebbe di corrispondenza privata.
La vicenda
Un dipendente, con il ruolo di responsabile amministrativo, dopo sette anni di fedele attività prestata in favore dell’azienda, non veniva più confermato nella sua posizione per via delle rimostranze di alcuni lavoratori, i quali avevano segnalato all’azienda forti tensioni con il capo team. Il datore motivava tale decisione richiamando la conflittualità nell’ambiente di lavoro. Il dipendente decideva allora di ricorrere al giudice del lavoro per contestare il conferimento dell’incarico, che evidentemente era andato a un altro. Ma il lavoratore, per provare quanto affermato in tribunale, necessitava delle segnalazioni fatte contro di lui ai vertici della struttura, indicate nel verbale del consiglio di amministrazione che aveva preso la decisione sul suo futuro. E l’azienda aveva negato tale esibizione.
Il giudice, però, ha imposto al datore l’ostensione di tutti gli atti.
La sentenza
Seppure l’email è equiparabile alla corrispondenza privata e, come tale, essa è stretta dalla riservatezza, tutelata persino dalla Costituzione, tale vincolo cade quando è in gioco il diritto di un cittadino a far valere i propri diritti davanti al giudice. È tuttavia necessario che tale “segnalazione” scritta sia posta a base della decisione di comprimere il diritto del ricorrente (nel caso di specie, infatti, l’azienda aveva motivato la decisione richiamando proprio la suddetta email). E allora, quando il testo della mail diventa a tutti gli effetti un documento “detenuto” dell’ente, esso va anche mostrato all’interessato. Diverso sarebbe se il datore non facesse alcun riferimento alla segnalazione e giustificasse il proprio provvedimento sulla scorta di altre ragioni.
Dunque decade la natura privata dell’email che parla male dell’interessato che va richiesta di esibizione. E, sebbene la sentenza in commento si riferisca al pubblico impiego, il principio vale anche quando il datore di lavoro non è una pubblica amministrazione. L’amministrazione, nel caso di specie, è stata condannata a mostrare all’interessato il nome del detrattore.

(Fonte: La Legge per tutti)

Ordine dei Consulenti del Lavoro Consiglio Provinciale di Palermo
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