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Come si interrompe la prescrizione?


Ordine Informa

Messa in mora del creditore, notifica di atto giudiziario e riconoscimento del debito: il chiarimento della Cassazione.
Per interrompere il decorso della prescrizione è necessario che il creditore della prestazione invii un sollecito, dal cui tono risulti inequivoca la volontà di ottenere l’adempimento spontaneo o, in alternativa, attraverso il ricorso al giudice.

Allo stesso modo interrompe la prescrizione anche la notifica di un atto giudiziario volto a conseguire una sentenza di condanna a quella specifica prestazione non adempiuta.

Infine, interrompe la prescrizione anche il riconoscimento del debito o del diritto altrui proveniente dalla controparte e firmato da quest’ultima. Sul punto, peraltro, proprio ieri è intervenuto un chiarimento della Cassazione che è utile commentare. Ma procediamo con ordine.

La diffida

Per interrompere la prescrizione è necessario un atto, proveniente dal creditore, volto a porre in mora il debitore. Il contenuto della missiva deve essere, dunque, quello tipico di una diffida e, in particolare, devono risultare in modo inequivoco:

– le generalità del creditore;

– le generalità del debitore;

– la specifica prestazione richiesta (per es. il pagamento di una somma di denaro);

– la causa che ha generato l’obbligazione (per es. il riferimento a un contratto, un prestito, un danneggiamento, ecc.);

– il termine entro il quale si chiede la prestazione (che potrebbe essere anche inferiore ai 15 giorni indicati dal codice civile, se la natura della prestazione lo consente: si pensi alla restituzione di poche decine di euro).

Ad ogni buon conto è sempre bene aggiungere, come postilla, la precisazione che la lettera costituisce atto di interruzione della prescrizione.

Così, per esempio, nel caso di recupero di un credito, la lettera di interruzione della prescrizione (prescrizione che, per le obbligazioni di natura contrattuale, è di 10 anni) potrebbe avere il seguente tenore:

Egr. sig. / Spett.le Società

Il sottoscritto … vanta nei vostri confronti un credito pari a euro …. in forza della fattura n. … emessa sulla scorta del contratto del … da voi mai corrisposta sino ad oggi. A detto importo vanno altresì sommati gli interessi pari a euro…

Ciò posto, Vi intimo e diffido al pagamento dell’importo complessivo di euro… da versare nelle mani dello scrivente (o con accredito presso il conto corrente n….) entro e non oltre 10 giorni dal ricevimento della presente. Con avvertimento che, in difetto, si ricorrerà presso le competenti sedi giudiziarie.

La presente è valevole come atto interruttivo della prescrizione.

Luogo, data, firma

La notifica di un atto giudiziale

Al pari della diffida, ma ancora più incisiva, è la notifica dell’atto giudiziale volto a ottenere la prestazione. Così, per esempio, una citazione in causa, un ricorso per decreto ingiuntivo o, nel caso in cui il credito abbia già fondamento su un titolo esecutivo (per es. un assegno, una sentenza, un decreto ingiuntivo), la notifica di un atto di precetto.

Anche la domanda di mediazione interrompe la prescrizione.

Il riconoscimento del diritto effettuato dal debitore

Qualsiasi atto proveniente dal debitore, anche senza formule e forme particolari, da cui si evinca chiaramente che lo stesso riconosce il credito dell’altra parte. Per esempio, potrebbe valere come interruzione della prescrizione la lettera del debitore che, senza contestare il credito, chieda una dilazione di pagamento o una riduzione dell’importo dovuto.

Se però il debitore, nel riconoscere il proprio debito, eccepisce anche l’ormai intervenuta estinzione del diritto del creditore per decorso del termine, tale atto non vale a interrompere più la prescrizione. È quanto appena chiarito dalla Cassazione [1].

Per esempio: non interrompe la prescrizione una lettera del seguente tenore:

Egr. sig. / Spett.le Società

Con riferimento al pagamento da noi dovuto in forza del contratto n… del … vi rappresentiamo che nulla vi verrà pagato in quanto ormai intervenuta la prescrizione.

Quindi se il debitore contestualmente non nega l’altrui credito, ma nello stesso tempo deduce che lo stesso è ormai prescritto, tale dichiarazione non interrompe la prescrizione.

Quando la prescrizione torna a decorrere

Una volta interrotta la prescrizione, un nuovo termine prescrizionale (di pari durata) riprende a decorrere per intero dalla data dei predetti atti interruttivi.

LA SENTENZA

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 8 ottobre – 2 novembre 2015, n. 22347

Presidente Forte – Relatore Nappi

Svolgimento del processo

Con la sentenza impugnata la Corte d’appello di Trieste, in riforma della decisione di primo grado, rigettò la domanda proposta il 18 settembre 1991 dalla Impresa di costruzioni V.F. di Z. & C. s.n.c., che, quale cessionaria di un credito vantato da Z.S. , aveva richiesto la condanna di V.F. al pagamento della somma di L. 250.115.774.

Ritennero i giudici d’appello che il credito, derivando da mutui erogati tra il febbraio 1988 e il febbraio 1991, era già estinto per prescrizione al momento della domanda, in guanto il decorso del relativo termine non era stato interrotto dal giudizio arbitrale promosso nel dicembre 1999 dalla Impresa di costruzioni V.F. di Z. & C. s.n.c., all’epoca non ancora cessionaria del credito.

Contro la sentenza d’appello ricorre ora per cassazione la Impresa di costruzioni V.F. di Z. & C. s.n.c., deducendo tre motivi d’impugnazione, cui resiste con controricorso V.F. , che ha proposto altresì ricorso incidentale affidato a due motivi.

Entrambe le parti hanno depositato memorie.

Motivi della decisione

1. Con il primo motivo la ricorrente principale deduce vizi di motivazione della decisione impugnata, lamentando che i giudici del merito abbiano omesso di considerare quali atti interruttivi della prescrizione i numerosi riconoscimenti del debito da parte di V.F. .

In particolare si duole della mancata ammissione delle prove testimoniali dedotte a dimostrazione di tali riconoscimenti. Sostiene comunque che lo stesso presunto conferimento del credito nella società costituita il 30 ottobre 1991 equivarrebbe a un riconoscimento del debito da parte di V. , mentre un esplicito riconoscimento dell’esistenza del mutuo era contenuto nelle memorie a firma V.F. depositate nel 2000 in occasione del giudizio arbitrale e nello stesso lodo arbitrale, in quanto espressione della volontà negoziale delle parti.

Con il secondo motivo la ricorrente principale eccepisce la nullità della sentenza per omessa pronuncia sulla eccezione di interruzione della prescrizione.

Con il terzo motivo la ricorrente principale deduce violazione e/o falsa applicazione degli art. 2934, 2943, 2944, 2945 c.c., lamentando la mancata dichiarazione della efficacia interruttiva dei citati riconoscimenti.

2. Il ricorso principale è infondato. Secondo la giurisprudenza di questa corte, in realtà, “il riconoscimento del diritto, idoneo ad interrompere il corso della prescrizione, non deve necessariamente concretarsi in uno strumento negoziale, cioè in una dichiarazione di volontà consapevolmente diretta all’intento pratico di riconoscere il credito, e può, quindi, anche essere tacito e concretarsi in un comportamento obiettivamente incompatibile con la volontà di disconoscere la pretesa del creditore” (Cass., sez. VI, 2 dicembre

2010, n. 24555, m. 614860, Cass., sez. III, 23 febbraio 2010, n. 4324, m. 611677). Tuttavia è indiscusso che il riconoscimento “deve consistere in una ricognizione chiara e specifica del diritto altrui, che sia univoca ed incompatibile con la volontà di negare il diritto stesso” (Cass., sez. II, 30 marzo 2009, n. 7760, m. 607824). Sicché non è sufficiente il riconoscimento del fatto costitutivo di un credito di cui venga contestualmente dedotta la sopravvenuta estinzione (Cass., sez. II, 17 giugno 2011, n. 13395, m. 618316, Cass., sez. Ili, 24 novembre 2010, n. 23822, m. 614842). Nel caso in esame V.F. non ha mai negato di avere ottenuto finanziamenti da Z.S. tra il febbraio 1988 e il febbraio 1991, anche se sostiene che si trattasse dei finanziamenti di un socio occulto; ma ha sempre dedotto che tale credito fu dallo stesso Z.S. conferito nella società costituita con lui il 30 ottobre 1991, allorché egli conferì nella società l’azienda debitrice. Sicché V.F. , pur riconoscendo il mutuo costitutivo del suo debito, ne deduce contestualmente l’estinzione.

Secondo la giurisprudenza di questa corte, infatti, “quando è conferita in società un’azienda, il conferimento equivale – con riferimento ai debiti dell’azienda conferita risultanti dai libri contabili – ad una cessione d’azienda in favore della società conferitaria, e pertanto, ai sensi dell’art. 2560 c.c., il cessionario è responsabile al pari del cedente di detti debiti verso i terzi creditori che, a prescindere dalla regolamentazione dei rapporti interni tra le parti, possono pretendere l’adempimento anche immediatamente dal cessionario” (Cass., sez. I, 16 maggio 1997, n. 4351, m. 504419, Cass., sez. II, 28 settembre 2004, n. 19454, m. 577395). Analogamente il conferimento nel capitale sociale di un credito ne comporta la cessione alla società (Cass., sez. III, 19 agosto 2013, n. 19155, m. 627842).

Ne consegue, secondo questa ricostruzione, che, in seguito al conferimento dell’azienda da parte di V.F. , la società costituenda ne assunse il debito nei confronti di Z.S. ; e quando costui conferì il proprio credito nella società, ne determinò l’estinzione per confusione ai sensi dell’art. 1253 c.c., perché la società acquisì la qualità sia di creditrice (quale cessionaria del credito di Z.S. ) sia di debitrice (quale cessionaria del debito di V.F. ).

Secondo la società ricorrente, però, con tale deduzione V.F. ha riconosciuto che almeno alla data del 30 ottobre 1991 era debitore, con i conseguenti effetti interruttivi della prescrizione derivanti da tale riconoscimento. Ma come s’è già chiarito, non è possibile attribuire effetti interruttivi della prescrizione al riconoscimento del fatto costitutivo di un credito di cui venga contestualmente dedotta la sopravvenuta estinzione. Né un effetto interruttivo della prescrizione può essere riconosciuto al lodo arbitrale che rigettò la pretesa della società di considerare il debito di V.F. , trasferito alla società con il conferimento dell’azienda, quale sopravvenienza passiva della società.

La società ricorrente lamenta altresì che i giudici del merito non abbiano ammesso la prova testimoniale sui dedotti reiterati riconoscimenti del proprio debito da parte di V.F. ; e a sostegno del ricorso riporta i due capitoli di prova vanamente articolati.

Sennonché il primo capitolo, che pure si riferisce genericamente a riconoscimenti dell’attualità del debito, è inammissibile perché non ne specifica la data. Il secondo capitolo, che pure indica la data al dicembre 1998, è inammissibile perché non specifica quale fu l’esatto tenore della dichiarazione di V.F. e come si rapportasse alla già intervenuta costituzione della società con Z.S. .

Infatti, secondo la giurisprudenza di questa corte, “la richiesta di provare per testimoni un fatto esige non solo che questo sia dedotto in un capitolo specifico e determinato, ma anche che sia collocato univocamente nel tempo e nello spazio, al duplice scopo di consentire al giudice la valutazione della concludenza della prova ed alla controparte la preparazione di un’adeguata difesa, sicché è inammissibile il capitolo di prova per testimoni volto a dimostrare il compimento di una dichiarazione ammissiva fatta dal debitore ad un terzo, ai fini dell’interruzione del termine di prescrizione, qualora non sia indicato nel capo di prova il giorno in cui tale dichiarazione sarebbe stata resa” (Cass., sez. VI, 12 ottobre 2011, n. 20997, m. 619991).

Ne consegue che il ricorso principale deve essere rigettato, con assorbimento del ricorso incidentale condizionato.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso principale, dichiara assorbito il ricorso incidentale e condanna la ricorrente principale al rimborso delle spese in favore del resistente, liquidandole in complessivi Euro 7.700, di cui Euro 7.500 per onorari, oltre spese generali e accessori come per legge.

[1] Cass. sent. n. 22347/15 del 2.11.2015.

(Fonte: La Legge per tutti)


Ordine dei Consulenti del Lavoro Consiglio Provinciale di Palermo
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