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Accesso agli atti di tutte le cartelle esattoriali di Equitalia


Ordine Informa

Tar di Napoli: Equitalia non può limitarsi a fornire solo l’estratto di ruolo, giustificandosi con problemi tecnici per rifiutare la domanda o rilasciare documenti parziali.
Non solo l’estratto di ruolo, ma le copie dei documenti originali, cartelle di pagamento e raccomandate a.r. comprese: il diritto del contribuente all’accesso agli atti amministrativi è esercitabile anche nei confronti di Equitalia senza alcuna limitazione. Lo ha detto il Tar Napoli in una recente sentenza [1].

Massima chiarezza sulle cartelle di pagamento: anche se Equitalia non è, formalmente, una pubblica amministrazione, ma una società privata, deve rispettare il principio di trasparenza della P.A. che le impone di garantire, a tutti i contribuenti e alle altre amministrazioni, il diritto di accesso agli atti. Questo significa che qualsiasi interessato può chiedere:

a) di visionare la propria posizione, “accedendo” ai documenti che lo riguardano, come le cartelle esattoriali e le prove delle relative notifiche (raccomandate a.r., relate di notifica, ecc.)

b) di estrarre copia.

Il diritto di accesso e di “estrazione di copie” riguarda l’intero atto e non un suo estratto. Dunque, Equitalia non può limitarsi a fornire solo una stampa di uso interno fatta dai propri terminali (come l’estratto di ruolo), ma, se il contribuente lo chiede, deve esibire gli originali ed, eventualmente, consentirgli di ritirare le relative fotocopie per tenerle con sé.

Mettiamo il (tipico) caso del contribuente a cui non risulti mai notificato alcun atto da parte di Equitalia, benché quest’ultima minacci un’esecuzione forzata o un fermo auto. Egli ben potrebbe recarsi allo sportello dell’Agente della riscossione ed esigere non il semplice estratto di ruolo (che, peraltro, secondo la giurisprudenza maggioritaria, non avrebbe alcun valore in una eventuale causa di contestazione), ma i documenti che costituiscano prova dell’avvenuto recapito delle relative cartelle di pagamento.

I giudici hanno spiegato invece che la legge sulla riscossione obbliga i concessionari (e quindi Equitalia su tutti) a conservare per cinque anni la matrice o la copia della cartella con la relazione dell’avvenuta notificazione o l’avviso del ricevimento e a farne esibizione su richiesta del contribuente o dell’amministrazione. Tale norma non si pone in contrasto con l’esclusione dell’accesso ai procedimenti tributari sancita dalla legge del 90 [2] volta a preservare la fase temporale strettamente necessaria all’istruttoria ed all’accertamento dell’obbligazione.

Equitalia non può eccepire la presenza di impedimenti tecnici che ostacolino l’accesso, o rilasciare un documento equipollente o incompleto, in quanto l’elemento fondante dell’accesso agli atti è proprio la conformità del documento esibito dal privato cittadino all’originale. Il contribuente, infatti, vanta un interesse concreto e attuale all’esibizione dellecartelle esattoriali dalla cui conoscenza possano emergere vizi sostanziali procedimentali tali da palesare l’illegittimità totale o parziale della pretesa.

Per garantire tale interesse del contribuente non è sufficiente il semplice deposito, in copia, agli atti del fascicolo di causa degli estratti di ruolo, poiché la cartella di pagamento e l’estratto di ruolo sono in realtà documenti diversi: mentre la cartella esattoriale è un documento per la riscossione degli importi contenuti nei ruoli e deve essere predisposta secondo il modello (…) del ministero delle Finanze, gli estratti di ruolo depositati agli atti di causa sono solo un semplice elaborato informatico formato da Equitalia che, sebbene sostanzialmente contenga gli stessi elementi della cartella originale sono, di fatto, un surrogato della medesima, e non possono ritenersi ad essa equipollenti. Invece, il diritto di estrarre copia e prendere visione di documenti amministrativi fa rifermento propriamente ad atti amministrativi e non a succedanei di questi.

Peraltro, secondo altra giurisprudenza, non essendo i dipendenti di Equitalia pubblici ufficiali, essi non hanno il potere di certificare la conformità della copia all’originale. Questo concetto ha due fondamentali implicazioni pratiche:

– il contribuente che non si accontenti della copia fotostatica (fotocopia) dei documenti consegnatagli da Equitalia, può sempre chiedere di vedere i relativi originali (ovviamente, senza poterli ritirare);

– l’eventuale deposito in causa, da parte di Equitalia, delle semplici fotocopie con la certificazione di “conformità all’originale” non ha valore di prova documentale se contestata dalla controparte.

La sentenza

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1812 del 2015, proposto da: Vincenzo Duello, rappresentato e difeso da se medesimo e domiciliato presso il suo studio legale in Napoli, C. Direzionale Is. E/4 Pal. Fadim;

contro

Equitalia Sud S.p.A., in persona del legale rappresentante p.t. rappresentata e difesa dall’avv. Giovanni Grilletto, presso il cui studio domicilia in Napoli, corso Novara, 13;

Agenzia delle Entrate-Direzione Provinciale I di Roma – Ufficio Territoriale di Roma 1 Trastevere, in persona del suo legale rappresentante p.t.;

per l’annullamento

del silenzio sull’istanza di accesso agli atti notificata all’ Agenzia della riscossione il 25/03/2015;

delle comunicazioni spedite via e-mail il 2 e 3.03.2015 con cui l’Agenzia delle Entrate- Direzione Provinciale I di Roma Ufficio Territoriale di Roma 1 ha

declinato la propria competenza a provvedere in merito all’istanza di accesso notificata il 25.02.2015.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Equitalia Sud S.p.A.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 10 giugno 2015 la dott.ssa Renata Emma Ianigro e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Con ricorso iscritto al n. 1812/2015 Duello Vincenzo esponeva quanto segue:

– con atto prot. 0014375 del 19.12.2012 il Dirigente della I Sezione bis del T.a.r. Lazio – Roma su sua richiesta aveva dato corso al rimborso del contributo unificato versato in eccesso pari ad euro 300,00 (trecento/00) riguardo al ricorso r.g. 7026/2012;

– con nota prot. 8/62439 del 13.12.2013 il Dirigente dell’Ufficio Affari Giurisdizionale della III Sez. del Consiglio di Stato disponeva in suo favore il rimborso del contributo unificato nella misura di euro 487,50 (quattrocentottantasette/50), versato in eccesso con riguardo all’appello r.g. 4546/2013;

– sulla richiesta di liquidazione degli importi predetti presentata con raccomandate del 4.03.2014 e del 5.03.2014, con nota prot. n. 42333 del 18.03.2014 l’Agenzia Direzione Provinciale 1 di Roma opponeva che il rimborso del contributo unificato relativo al ricorso n. 7026 cit. non era stato erogato poiché la somma era stata interamente compensata ai sensi dell’art. 38 ter del d.p.r. n. 602/1973 come da documentazione allegata, e con nota prot. n. 45255 del 24.03.2014 opponeva

quale motivo ostativo alla richiesta di rimborso del contributo unificato relativo all’appello r.g. 4546/2013 la presenza di carichi erariali pendenti e di accertamenti in corso per cui sarebbe stata avviata la procedura di compensazione di cui all’art. 28 ter del d.pr. n. 602/1973.

Ciò premesso con il presente ricorso il ricorrente insiste per l’accoglimento dell’istanza di accesso agli atti notificata alla Agenzia delle Entrate il 24.03.2015 e ad Equitalia il successivo 26, per ottenere copia conforme all’originale degli avvisi di accertamento e/o delle cartelle di pagamento ( e/o di tutti gli atti presupposti e conseguenti) riguardanti le somme rispetto alle quali è stato denegato il rimborso degli importi in argomento con le relative relate di notifica.

A sostegno del gravame deduceva i seguenti motivi di diritto:

1) Violazione e falsa applicazione degli artt. 3,22, 24 e segg. della legge n. 241/1990, violazione del giusto procedimento, difetto di motivazione, eccesso di potere;

Nella specie la situazione giuridicamente tutelata cui l’accesso è strumentale risiede nel diritto di difesa rispetto all’apertura di una procedura di compensazione afferente presunte cartelle di pagamento di cui il ricorrente ignora l’esistenza. L’interesse e la legittimazione ad accedere alla documentazione richiesta è in re ipsa, poiché gli atti in argomento incidono sulla sfera patrimoniale e reddituale dell’istante. L’Agenzia delle Entrate, quale organo che ha evocato la procedura di compensazione, avrebbe dovuto indicare in termini certi l’esistenza di titoli ostativi alla corresponsione delle somme consentendone l’accesso tanto più in riferimento alla documentazione che si allega nella nota prot. n. 423333 del 18.03.2014. Concludeva quindi per l’accoglimento del ricorso, con nomina di un commissario ad acta, il tutto con vittoria di spese ed onorari di giudizio e rimborso del contributo unificato.

Costituitasi Equitalia con memoria del 27.05.2015 eccepiva l’inammissibilità del

ricorso per genericità della domanda di accesso, nonché sul presupposto che trattasi di atti esclusi dal diritto di accesso facendo parte dell’esecuzione forzata esattoriale avendo ad oggetto un titolo esecutivo già formato ossia un ruolo. Opponeva inoltre la carenza di interesse ad agire sul presupposto che la documentazione è già in possesso del ricorrente poiché le cartelle di pagamento sono state regolarmente notificate. Depositava quindi 19 estratti di ruolo da cui risulta chiaramente il debito complessivo del ricorrente con le sospensioni o gli sgravi effettuati, sostenendo di non disporre di copia delle cartelle che vengono emesse in unico originale inviato al contribuente. Concludeva quindi per la reiezione del ricorso.

Alla camera di consiglio del 20.06.20145 il ricorso veniva introitato per la decisione.

2. Nel giudizio si controverte in ordine alla legittimità delle comunicazioni spedite via pec in data 2-3.03.2015 dell’Agenzia delle Entrate –Direzione Provinciale I di Roma e del silenzio opposto da Equitalia sud s.p.a sull’istanza del 18.02.2015 con cui il ricorrente chiedeva il rilascio di copia conforme all’originale, ciascuno per quanto di competenza, degli avvisi di accertamento e/o delle cartelle di pagamento riguardanti le somme rispetto alle quali è stato denegato il rimborso degli importi versati a titolo di contributo unificato nei giudizi patrocinati dal ricorrente nel ricorso n. 7026/2012 innanzi al T.a.r. del Lazio, e di quello versato in eccesso nel ricorso in appello n.r.g. 4546/2013 innanzi al Consiglio di Stato. All’istanza di rimborso del contributo unificato 2012 di € 300,00 del ricorso r.g. n. 7026 proposto al T.a.r Lazio, l’Agenzia delle Entrate intimata con nota prot. n. 42333 del 18.03.2014 opponeva che l’importo non era stato erogato poiché la somma era stata interamente compensata ai sensi dell’art. 28 ter d.p.r. n. 602/1973 e che, per avere informazioni dettagliate sull’oggetto della compensazione, occorreva rivolgersi all’agente regionale della riscossione. Analogamente, per l’istanza di

rimborso del contributo unificato 2013 relativo all’appello r.g. n. 4546 innanzi al Consiglio di Stato, la medesima Agenzia delle Entrate precisava che la presenza di carichi erariali pendenti o di accertamenti in corso costituiva motivo ostativo, per cui l’Agenzia avrebbe avviato tramite Gerit-Equitalia la procedura di compensazione prevista dall’art. 28 ter del d.p.r. n. 602/1973 previo consenso dell’interessato, e, in assenza di carichi, avrebbe provveduto al pagamento.

Con le comunicazioni del 3.03.2015 oggetto di gravame l’Agenzia delle Entrate intimata opponeva all’istanza di accesso le seguenti circostanze ostative:

– l’attività richiesta non è di competenza del Team che si occupa di liquidazione dei rimborsi;

– le debenze dovute dal contribuente possono riferirsi a tributi ed accertamenti di enti regionali, comunali, inps ecc. ecc. di cui l’Agenzia delle Entrate non è a conoscenza;

-la riscossione generale compete all’Agente della riscossione;

– la lavorazione del rimborso con il riconoscimento dello stesso si è conclusa ed eventuali richieste sono da inviare ad altro servizio;

– l’Agenzia delle Entrate dispone di informazioni debitorie solo su tributi erariali e pertanto parziali.

– il rimborso di cui alla nota Ta.r. Lazio sez. I reg. gen. N. 7026/2012 non era stato erogato in quanto oggetto di compensazione da parte dell’Agente della riscossione; Sulla base di tali motivi invitava il ricorrente ad inoltrare la richiesta al servizio preposto per il rilascio del certificato dei carichi pendenti presso l’Agenzia delle Entrate.

2. Preliminarmente, vanno respinte poiché infondate le preliminari eccezioni di inammissibilità del ricorso sollevate da Equitalia sud s.p.a. nella memoria di costituzione per genericità del ricorso sul presupposto della mancata indicazione delle cartelle di pagamento oggetto di accesso, per inaccessibilità dei documenti

richiesti in quanto sottratti all’accesso ai sensi dell’art. 22 della legge n. 241/1990 Equitalia sud s.p.a., e per carenza di interesse ad agire poiché le cartelle di pagamento sarebbero state notificate e su Equitalia grava solo l’onere di conservazione delle relate di notifica.

2.1 Fermo restando che il legale ricorrente quale destinatario di una procedura di compensazione ai sensi dell’art. 28 ter del d.p.r. n. 602/1973, è titolare di un interesse concreto, specifico ed attuale alla conoscenza degli atti sulla cui base è stata operata la predetta procedura, del tutto inconferente si appalesa l’eccezione di indeterminatezza dell’istanza, dal momento che proprio la mancata conoscenza da parte dell’istante dei crediti erariali portati in compensazione costituisce il presupposto della inoltrata richiesta di accesso. Al riguardo Equitalia nell’opporre la genericità dell’istanza non ha tuttavia depositato le relate di notifica delle cartelle esattoriali che assume notificate all’istante ed in ogni caso, anche ove esse siano state effettivamente notificate, non risulta dedotto né allegato alcun elemento utile sulla cui base poter ricollegare con certezza i crediti oggetto di compensazione con identificate cartelle di pagamento preventivamente notificate.

Come noto, il diritto di accesso, riconosciuto dagli articoli 22 e successivi della legge 241/1990, costituisce uno strumento essenziale nei confronti di chiunque abbia un interesse personale e concreto per il perseguimento della trasparenza e imparzialità dell’amministrazione, laddove, come nella specie, la documentazione richiesta costituisca un mezzo utile per la tutela di un interesse giuridicamente tutelato. Ciò in quanto il principio di trasparenza dell’attività amministrativa impone la conoscibilità del provvedimenti emessi dall’amministrazione sia per poterne conoscere i presupposti e le motivazioni sia per poterli eventualmente contestare.

La richiesta di accesso è stata formulata dal ricorrente facendo riferimento ai crediti oggetto di procedura di compensazione su iniziativa dell’Agenzia delle

Entrate intimata, per cui quest’ultima non può opporre la sua incompetenza o la mancata conoscenza dei crediti sulla cui base è stata operata la compensazione in argomento, poiché, avendo attivato il procedimento predetto, doveva necessariamente essere a conoscenza di quali fossero i crediti vantati dall’erario e dei relativi documenti richiesti.

Sotto altro profilo nemmeno può sostenersi che la compensazione riguarderebbe tributi estranei alla competenza dell’Agenzia intimata dal momento che la richiesta di accesso riguarda gli atti relativi alla procedura di compensazione di cui il ricorrente ha avuto notizia proprio per il tramite di comunicazioni inviategli dalla della stessa Agenzia intimata.

2.2 Del pari quanto all’eccezione circa la sottrazione al diritto di accesso degli atti del procedimento tributario va ricordato che nella materia de qua la giurisprudenza amministrativa ( cfr tra le altre C.d.S. , sez. IV, n. 7486 del 30.11. 2009, C.d.S. sez.IV n. 2422, del 12 maggio 2014), condivisa dal Collegio, ha chiarito che il contribuente vanta un interesse concreto e attuale all’ostensione delle cartelle esattoriali dalla cui conoscenza possano emergere vizi sostanziali procedimentali tali da palesare l’illegittimità totale o parziale della pretesa impositiva.

Difatti l’articolo 26, comma 4 del d.p.r. n. 602/1973 obbliga i concessionari della riscossione a conservare per cinque anni la matrice o la copia della cartella con la relazione dell’avvenuta notificazione o l’avviso del ricevimento e a farne esibizione su richiesta del contribuente o dell’amministrazione. Tale disposizione non si pone in contrasto con l’esclusione dell’accesso ai procedimenti tributari sancita dall’art. 24, L. n. 241 del 1990 quale norma quest’ultima volta a preservare la fase temporale strettamente necessaria all’istruttoria ed all’accertamento dell’obbligazione tributaria.

A sua volta l’art. 26 comma 4, del d.p.r. n. 602/1973 obbliga i concessionari della riscossione a conservare per cinque anni la matrice o la copia della cartella con la

relazione dell ́avvenuta notificazione o l ́avviso del ricevimento ed essi hanno l ́obbligo di farne esibizione su richiesta del contribuente o dell’amministrazione. Sulla base di tale dettato normativo vige pertanto per i concessionari della riscossione non solo un obbligo di custodia, ma anche un obbligo di ostensione degli atti richiesti dal contribuente, né residua in capo al concessionario alcun margine di discrezionalità in ordine alla determinazione di ostensibilità degli atti. L’esistenza di tale obbligo di custodia degli atti e del dovere di ostensione su mera richiesta del contribuente, a parere del Collegio, comporta che in questo ambito le disposizioni sul diritto di accesso risultano di maggiore definizione e speciali rispetto alla disciplina generale del procedimento amministrativo in quanto, in questo caso, la valutazione sulla sussistenza di un interesse all’esibizione è fatta direttamente dalla legge, e non va più svolta caso per caso.

2.3 Inoltre, ai fini dell’interesse all’estrazione degli atti delle cartelle esattoriali, non è sufficiente il mero deposito, in semplice copia, agli atti del fascicolo di causa degli estratti di ruolo. La cartella di pagamento e l’estratto di ruolo sono in realtà documenti diversi in quanto la cartella esattoriale, prevista dall’art. 25 d.p.r. n. 602/1973, è un documento per la riscossione degli importi contenuti nei ruoli e deve essere predisposta secondo il modello approvato con decreto del Ministero delle Finanze. Invece gli estratti di ruolo depositati agli atti di causa sono solo un elaborato informatico formato dall’esattore, che sebbene sostanzialmente contenente gli stessi elementi della cartella originale sono, di fatto, un surrogato della medesima, e non possono ritenersi ad essa equipollente, mentre il diritto di estrarre copia e prendere visione di documenti amministrativi fa rifermento propriamente ad atti amministrativi e non a succedanei di questi.

La pubblica amministrazione non può eccepire la presenza di impedimenti tecnici che ostacolino l’accesso o rilasciare un documento equipollente o incompleto, in quanto elemento fondante dell’actio ad exhibendum è proprio la conformità del

documento esibito al privato cittadino all’originale. Nemmeno può essere considerata rilevante la circostanza secondo cui l’originale della cartella sarebbe unico ed essendo stato oggetto di notifica all’interessato, non sarebbe più nella disponibilità dell’agente intimato, in quanto l’oggetto della richiesta di accesso è la copia della cartella di pagamento estraibile dagli archivi informatici in cui deve essere custodita per legge.

Alla luce di quanto sopra esposto il ricorso per accesso merita accoglimento e le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo a carico delle amministrazioni intimate, ciascuna per metà, che saranno tenute altresì corrispondere, nella medesima ripartizione, al passaggio in giudicato della decisione, anche l’importo del contributo unificato che grava comunque a carico della parte soccombente ai sensi dell’art. 13 comma 6 bis del d.p.r. n. 115/2002. P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Sesta) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, dichiara l’obbligo dell’intimata società e dell’amministrazione intimata, ciascuna per quanto di sua pertinenza, di consentire alla parte ricorrente di prendere visione ed estrarre copia, previo rimborso del costo di riproduzione e dei diritti di ricerca e visura, della documentazione richiesta con l’istanza di accesso di cui trattasi nel termine di giorni trenta decorrente dalla comunicazione o, se a questa anteriore, dalla notificazione della presente decisione.

Condanna la società e l’amministrazione intimata al pagamento, ciascuna per metà, delle spese processuali in favore di parte ricorrente nella misura complessiva di € 1000,00 (mille/00), oltre accessori come per legge;

Condanna la società e l’amministrazione intimata al rimborso, ciascuna per metà, del contributo unificato versato dal ricorrente nei termini di cui in motivazione. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 10 giugno 2015 con l’intervento dei magistrati:

Umberto Maiello, Presidente FF Renata Emma Ianigro, Consigliere, Estensore Anna Corrado, Primo Referendario

L’ESTENSORE IL PRESIDENTE

DEPOSITATA IN SEGRETERIA Il 17/07/2015

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

[1] Tar di Napoli sent. n. 3820/2015 del 17.07.2015.

[2] Art. 24 della legge 241/1990.

(Fonte: La Legge per Tutti)

 


Ordine dei Consulenti del Lavoro Consiglio Provinciale di Palermo
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