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Sollecito di pagamento busta paga se non riscuoti lo stipendio


Ordine Informa

Se il datore di lavoro non ti paga lo stipendio puoi inviargli una diffida con la messa in mora per il pagamento delle buste paga arretrate.
Chi si metterebbe mai contro il proprio datore di lavoro? In realtà, non sono pochi a farlo, ma solo perché costretti dalle condizioni: il che capita, quasi sempre, in caso di mancato pagamento dello stipendio. Fermo restando che il dipendente (se non è un dirigente) ha sempre molto tempo per chiedere gli arretrati della busta paga (la prescrizione, infatti, è di cinque anni dalla risoluzione del rapporto di lavoro, a prescindere dalla causa), recuperare gli stipendi anche in corso di lavoro è diventato, per molti italiani, una questione di sopravvivenza; se, infatti, non si arriva a fine mese già con la normale busta paga, figuriamoci quando questa manchi.
Peraltro, la dimissione per giusta causa – ossia per mancato pagamento dello stipendio – dà comunque diritto, al lavoratore, a percepire l’assegno di disoccupazione dall’Inps. Ma, in questo caso, bisogna dimostrare all’ente di previdenza di essere stati messi alle strette dall’azienda: e, quindi, è sempre meglio documentare la situazione di morosità di quest’ultima. In buona sostanza, inviare un sollecito di pagamento potrebbe tornare utile per diversi aspetti.
Ma attenzione: il semplice ritardo di una singola mensilità, o anche di poche, quando non sia divenuto abituale e metodico, tale cioè da mettere in difficoltà il lavoratore, potrebbe non essere considerato un valido motivo per recedere dal rapporto di lavoro. Infatti, il codice civile stabilisce che la risoluzione del contratto può avvenire solo se l’inadempimento è “grave”.
Come si invia un sollecito di pagamento?
La prima cosa da fare è, ovviamente, scegliere il mezzo con cui si preferisce “ricordare” all’azienda il proprio credito. Bisogna optare per un metodo che consenta di dimostrare in futuro, con prova certa, l’avvenuto ricevimento della diffida. Il che viene certamente garantito dalla raccomandata a.r. Ma si può optare anche la PEC (posta elettronica certificata) a condizione che di essa sia munita sia il mittente che il ricevente (tutte le aziende dovrebbero averne una e “le pagine gialle” degli indirizzi PEC si trova a questo link). In ultimo – ma in pochi sarebbero pronti a farlo – si potrebbe consegnare la lettera a mani, rivolgendosi all’ufficio protocollo dell’azienda o, se di piccole dimensioni, allo stesso datore di lavoro, avendo cura di farsi controfirmare una copia per “presa conoscenza” munita di data e di timbro.
Non c’è bisogno che a scrivere e firmare il sollecito sia un avvocato. Né è necessario che il sollecito sia redatto con particolari formule sacramentali. Basterebbe, ad esempio, una missiva del seguente tenore.
Sollecito di pagamento
Spett.le Ditta Tal dei Tali
Via del Corso Principale
Palermo
Spett.le Società
Il sottoscritto sig. …, assunto presso la Vostra azienda in data … con qualifica … ad oggi non ha ancora ricevuto il pagamento delle seguenti mensilità e indennità:
– mese di ….

– mese di ….

– mese di …
Ciò posto, Vi invito a voler immediatamente versare le somme corrispondenti a detti crediti sul conto corrente del sottoscritto a Voi già noto. Con avvertimento che, in difetto di quanto sopra entro e non oltre tre giorni dal ricevimento della presente, sarò costretto a ricorrere alle vie giudiziali. La presente vale anche ai fini dell’interruzione della prescrizione.
Distinti saluti
[Data]
Firma

Che fare dopo il sollecito?
Se il datore di lavoro non paga neanche dopo il sollecito potrai ricorrere in tribunale. E questo vale anche nell’ipotesi in cui tu sia “a nero”, ossia in mancanza di un contratto regolare di lavoro. La differenza rispetto a un lavoratore “in regola” sta nel fatto che a quest’ultimo è consentito uno strumento (tendenzialmente) più veloce che si chiama ricorso per decreto ingiuntivo, mentre chi non ha prove scritte del proprio credito (così buste paga, lettera di assunzione, ecc.) dovrà intavolare una causa ordinaria per dimostrare, innanzitutto, l’esistenza del rapporto di lavoro e, poi, quella del credito non riscosso.
Se il datore di lavoro è insolvente, nel senso che è fallito o a rischio fallimento, si potrà chiedere l’intervento del Fondo di Garanzia dell’Inps. In particolare:
– se l’azienda è stata dichiarata fallita: bisogna attendere la verifica dei crediti fatta dal giudice delegato e, quindi, il provvedimento di esecutività dello Stato passivo. La domanda all’Inps andrà fatta in vita telematica;
– se l’azienda non può essere dichiarata fallita per assenza dei presupposti di dimensione o di “scoperto” (leggi “Presupposti per essere dichiarati falliti”), prima di inoltrare la domanda all’Inps bisogna fare almeno un tentativo di pignoramento (anche infruttuoso).

(Fonte: La Legge per tutti)

Ordine dei Consulenti del Lavoro Consiglio Provinciale di Palermo
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