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Per recuperare il TFR arriva la negoziazione assistita


Ordine Informa

Con la riforma del processo recuperare il TFR non richiederà cause o incontri alla Direzione territoriale del lavoro: il tutto avverrà con un accordo firmato allo studio dell’avvocato.
Sarà più facile, per il lavoratore dipendente, che abbia cessato il rapporto con l’azienda, recuperare il TFR non pagato: con l’imminente riforma del processo, che dovrebbe vedere il via libera entro l’estate, non si dovrà ricorrere per forza al giudice, ai sindacati o alla Direzione territoriale del lavoro. Il tutto avverrà, infatti, con un accordo conciliativo firmato dalle parti presso lo studio dei rispettivi avvocati. Il meccanismo è quello della cosiddetta negoziazione assistita, strumento introdotto nel 2014 e che, tuttavia, ad oggi, non ha portato a quei risultati sperati dal Governo. La negoziazione assistita non è mai decollata, un po’ per il campo di applicazione troppo ridotto, un po’ perché ancora vista come un semplice adempimento formale per rimuovere una causa di procedibilità all’azione giudiziaria. Invece, la riforma vuole estendere questo meccanismo a tutte le controversie di lavoro, tra datore e dipendente, a prescindere da chi dei due inizi la lite. Lo scopo è quello di liberare le aule di tribunale da una buona dose di contenzioso, ma, nello stesso tempo, se sarà ben usata, potrà portare un notevole vantaggio per i soggetti in lite.
In buona sostanza, prima di poter adire il giudice, le parti dovranno tentare una conciliazione. Il tutto avviene, nella pratica, con una proposta inviata – tramite raccomandata a.r. o posta elettronica certificata – dall’avvocato di chi agisce alla controparte, con cui la invita a “sedersi a un tavolo di trattative”. Si tratta, ovviamente, di un’espressione metaforica: la mediazione, infatti, viene portata avanti dai rispettivi legali anche con un semplice scambio epistolare (alla fine, però, è necessario siglare un accordo scritto).
Alla proposta di negoziazione assistita si può rispondere o meno: in ogni caso, il consenso a partecipare al tentativo di conciliazione deve intervenire entro massimo 30 giorni; diversamente la controparte è libera di procedere per le vie ordinarie.
Prima di avviare questo iter di bonario componimento, le parti firmano un’intesa (cosiddetta convenzione di negoziazione) con cui danno il via alle trattative vere e proprie. Trattative che possono portare a buon esito e chiudere, una volta per tutte, la lite oppure, al contrario, lasciare impregiudicata la possibilità di ricorrere al giudice.
La negoziazione assistita nelle cause di lavoro
Nell’ambito della materia del lavoro, la negoziazione assista potrà servire non solo per recuperare le differenze retributive mai versate al dipendente o, anche, per contestare straordinari mai pagati, inquadramenti non corretti, mansioni superiori, ecc. Ma servirà soprattutto per una delle controversie più ricorrenti alla cessazione del rapporto di lavoro: il recupero del trattamento di fine rapporto (cosiddetto TFR). Se il datore di lavoro aderisce all’invito alla conciliazione rivoltogli dal legale del dipendente entro 30 giorni, le parti in lite con l’assistenza obbligatoria di uno o più avvocati, devono stipulare una convenzione di negoziazione con la quale si obbligano a cooperare per raggiungere un accordo amichevole della controversia, entro un termine da essi stabilito.
Le parti e gli avvocati durante la negoziazione devono cooperare secondo lealtà e devono tenere riservate le informazioni ricevute. Il termine per raggiungere l’accordo è quello indicato nella convenzione.
All’esito della negoziazione le parti possono raggiungere un accordo, anche parziale.
L’accordo così sottoscritto costituisce, al parti di qualsiasi sentenza, titolo esecutivo per procedere – in caso di inadempimento, al pignoramento. Inoltre è anche titolo per l’iscrizione di ipoteca giudiziale.
(Fonte: La Legge per tutti)


Ordine dei Consulenti del Lavoro Consiglio Provinciale di Palermo
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