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Dimissioni on line, in arrivo una burocrazia inutile e dannosa


Ordine Informa

 Il 12 marzo diventerà pienamente operativa la regola introdotta dal Dlgs 151/2015 che rende inefficaci tutte le dimissioni rassegnate senza l’utilizzo di un’apposita procedura telematica. Questa procedura trasformerà un adempimento oggi svolto in maniera semplice (è sufficiente dare comunicazione all’azienda in qualsiasi forma e mettere una firma sotto un modulo per confermare la scelta) in un percorso a ostacoli, pieno di adempimenti complessi e incertezze applicative.
Facciamo l’esempio di cosa deve affrontare un dipendente che proprio il 12 marzo decide di dimettersi, mandando una comunicazione scritta all’azienda. Il datore di lavoro, ricevuta la comunicazione, deve invitare il dipendente a seguire la nuova procedura. A questo punto il lavoratore deve sobbarcarsi una doppia fase di registrazione telematica: presso il sito cliclavoro, ottenendo delle credenziali (username e password) di accesso al sito, e poi ottenere dall’Inps il Pin, un codice identificativo personale. Questo ultimo viene spedito per posta ordinaria a casa e quindi il nostro dipendente sarà pronto a dimettersi solo dopo molti giorni dopo la comunicazione all’azienda. Ipotizziamo che il Pin arrivi a casa il 20 marzo. Lo stesso giorno, il lavoratore potrà entrare sul sito cliclavoro, e qui dovrà compilare un modulo contenente ben 17 caselle (dati personali, informazioni sull’impresa, data di inizio e forma contrattuale di lavoro, ecc.).

Il doppio codice può essere evitato rivolgendosi a un intermediario (patronato, sindacato, ente bilaterale, commissione di certificazione): in questo caso quello Inps non serve e si usa quello dell’intermediario per cliclavoro.

Il lavoratore dovrà anche indicare la data di decorrenza delle dimissioni. Qui si aprirà uno dei tanti dilemmi irrisolti che genera questa procedura. Considerato che la comunicazione all’azienda risale al 12 marzo, il lavoratore potrebbe pensare di essersi dimesso tale data, tuttavia, la legge considera inefficace qualsiasi comunicazione diversa da quella telematica, e quindi l’efficacia delle stesse dovrebbe per forza decorrere dal giorno della compilazione del modulo telematico, quindi – restando all’esempio – il 20 marzo.

L’oscillazione di queste date non è irrilevante per il lavoratore, in quanto cambia il computo del periodo di preavviso. Se tale periodo, sempre per fare un esempio, è fissato dal contratto collettivo in 30 giorni, fino a quando deve restare in azienda il dipendente? Sino al 12 aprile (30 giorni dopo la comunicazione scritta) oppure sino al 20 aprile (30 giorni dopo la compilazione del modulo telematico)? Se la risposta fosse la seconda, il periodo di preavviso verrebbe, di fatto, aumentato, con un aggravio tutto a carico del dipendente.

Ma i paradossi non sono finiti. La legge, infatti, consente al lavoratore che ha rassegnato le dimissioni di revocare questo atto entro 7 giorni dal completamento della procedura online. Se l’azienda provvede alla sostituzione del dimissionario con un neo assunto, ma il vecchio dipendente ci ripensa e rientra in servizio, il datore di lavoro si trova con due persone per la stessa mansione: come ne esce?

Non può licenziare il neo assunto per mancato superamento della prova, non essendo questa la motivazione reale. Lo può licenziare per giustificato motivo oggettivo, sostenendo che la posizione è in esubero per via della revoca? Probabilmente si, ma deve pagarli il preavviso, e deve anche andare incontro al rischio di dover affrontare una causa.

Altra problematica riguarda il caso in cui il dipendente, dopo aver comunicato per iscritto al proprio datore di lavoro le proprie dimissioni, non mette più piede in azienda senza completare la procedura telematica. Applicando alla lettera la legge, il rapporto resta in piedi e il datore di lavoro deve attivare una procedura di licenziamento per risolverlo.

È di tutta evidenza che serve un correttivo urgente per risolvere i tanti dubbi che ingenera questa disciplina.

(Fonte: Lavoro&Impresa) 


Ordine dei Consulenti del Lavoro Consiglio Provinciale di Palermo
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